Gli occhi dei cefalopodi e dei vertebrati si sono evoluti quasi allo stesso modo, sebbene l’antenato comune di queste specie risalga a oltre 500 milioni di anni fa. Una mappa del sistema visivo del polpo realizzata da scienziati americani negli Stati Uniti fornisce indizi sull’evoluzione del sistema nervoso centrale.
I polpi sono esseri straordinari: si muovono grazie alla propulsione a getto, accecano i loro nemici con l’inchiostro, riescono a cambiare istantaneamente l’aspetto e il colore della loro pelle per mimetizzarsi con l’ambiente circostante ed è anche riconosciuta la loro straordinaria intelligenza.
Secondo uno studio pubblicato su Current Biology, anche se la corteccia visiva dei polpi è molto diversa dalla nostra, i loro occhi sono molto simili a quelli degli esseri umani. Gli scienziati dell’Università dell’Oregon, negli Stati Uniti, se ne sono accorti mappando il cervello di questi invertebrati, e più in particolare il loro sistema visivo.
Una scoperta sorprendente perché il nostro antenato comune risale a più di 500 milioni di anni fa. Da allora la specie umana e gli altri vertebrati non hanno più incrociato i loro geni con questi molluschi marini eppure gli occhi si sono evoluti quasi allo stesso modo.
>> L’occhio del polpo e l’occhio umano

a destra, l’occhio umano, i fotorecettori sono orientati nella direzione opposta, verso la parte posteriore dell’occhio.
[Jacopin – BSIP via AFP]
Il polpo vede anche con la pelle
Sia i polpi che i vertebrati hanno sviluppato l’iride circondata dalla pupilla, che focalizza i raggi luminosi su una retina che poi trasmette le informazioni al cervello. E tutto questo mentre cefalopodi e vertebrati hanno morfologia, stile di vita e habitat completamente diversi. Se la fisiologia dell’occhio è la stessa, la corteccia visiva, che interpreta le immagini, è strutturata in modo completamente diverso.

Il polpo dedica due terzi del suo cervello alla vista; la specie umana solo circa un quinto. E i cefalopodi hanno funzioni che noi umani non conosciamo, come percepire le variazioni di luce con la pelle. Il merito di questa straordinaria capacità è delle opsine, pigmenti fotosensibili simili a quelli che si trovano nella retina, presenti all’interno delle cellule della pelle lungo tutto il corpo dell’animale.