Le risorse marine sono sottoposte a una crescente pressione dovuta a molteplici cause: cambiamenti climatici, inquinamento e attività umane. In questo contesto, la gestione sostenibile delle risorse ittiche è diventata una priorità, e la valutazione degli stock si impone come uno strumento scientifico fondamentale.
Contenuti
- Cos’è la valutazione degli stock?
- Panoramica dei diversi metodi di valutazione degli stock
- Discrepanze tra scienza e realtà sul campo?
- Adattare la valutazione degli stock a un mondo in cambiamento
- Il cambiamento climatico: una sfida importante
- Considerare le relazioni predatore-preda nelle valutazioni e nelle proiezioni
- Il caso del merluzzo di Terranova
- Verso una gestione ecosistemica della pesca
- ? Le specie più monitorate in Italia
Cos’è la valutazione degli stock?
La valutazione di uno stock consiste nello stimare la quantità totale di pesce in una determinata area geografica per definire la quantità ottimale che può essere prelevata dalla pesca, garantendo il continuo rinnovamento della popolazione. In sintesi, si tratta di “contare” i pesci per raccomandare un livello di sfruttamento sostenibile. La difficoltà risiede nel metodo di conteggio, che non può essere diretto come per le popolazioni terrestri. Questa valutazione si basa principalmente sulle informazioni ottenute dalle catture (volumi, dimensioni degli individui, ecc.).
“Per prendere buone misure di gestione, è necessario conoscere lo stato della popolazione interessata e stimare le conseguenze di una determinata misura sullo stock e sulle attività di pesca”.
In passato, le diagnosi sullo stato delle risorse marine si basavano su indicatori molto semplici: ad esempio, una diminuzione dei rendimenti era interpretata come una scarsità della risorsa, e una diminuzione della dimensione media delle catture indicava un’eccessiva sfruttamento. Tuttavia, questi indicatori non erano sufficienti per stabilire una diagnosi precisa, e i metodi di valutazione si sono perfezionati nel corso dei decenni. Bisogna aspettare la Seconda Guerra Mondiale perché le valutazioni vengano effettuate grazie a modelli di dinamica di popolazione.

Ma l’esercizio non è semplice e non è possibile conoscere lo stato di tutti i pesci in tutti gli oceani. Secondo i dati dell’ISPRA, nel periodo 2007–2017, la percentuale dello sbarcato nazionale coperta da valutazioni scientifiche mediante stock assessment è stata in media del 36,1%, con variazioni annuali. Ciò significa che circa un terzo delle specie pescate in Italia è oggetto di monitoraggio scientifico regolare.
“L’importanza economica rimane il primo criterio quando si scelgono le specie da valutare”. “Ma in una logica di gestione ecosistemica, si tengono in considerazione anche le catture accessorie quando si mirano le specie ‘importanti’. Un altro criterio, che può anche essere prioritario a seconda dei casi, è il metodo di gestione. Quando una specie è soggetta alla fissazione di quote di pesca, è assolutamente necessario poterla valutare, fare simulazioni per sapere quanto si può pescare senza compromettere gli obiettivi di gestione fissati. È proprio per questo che gli stock mediterranei — tranne i tonnidi — non erano valutati fino a poco tempo fa: semplicemente non erano soggetti a regole di regolamentazione tramite quote.”
Panoramica dei diversi metodi di valutazione degli stock
I ricercatori combinano dati provenienti dalla pesca commerciale, dalle campagne scientifiche e dai modelli matematici per stimare lo stato degli stock. In generale, le campagne scientifiche mirano a ottenere, grazie a un protocollo di campionamento rigoroso e riproducibile — stessa nave, stessa zona, stesso attrezzo —, un indice di abbondanza.
Esaminiamo più in dettaglio. Per valutare gli stock, bisogna distinguere due metodi:
- Valutazioni dirette, riservate alla valutazione di stock sedentari (come le capesante o le scampi) per i quali possono essere ottenute stime assolute — con margini di incertezza — tramite conteggio diretto basato su campioni.
- Valutazioni indirette, per le specie mobili, in cui si utilizza un modello per ricostruire la dimensione della popolazione che può corrispondere alle catture osservate e all’evoluzione degli indici di abbondanza delle campagne scientifiche.

Secondo le valutazioni scientifiche più recenti, lo stock di nasello nelle regioni GSA 9, 10 e 11 (che comprendono il Mar Ligure, il Tirreno e la Sardegna) è soggetto a una pressione di pesca superiore ai livelli sostenibili. I dati indicano che la mortalità da pesca è significativamente superiore al valore di riferimento, che rappresenta il tasso massimo sostenibile.
Discrepanze tra scienza e realtà sul campo?
I pescatori a volte osservano un’abbondanza significativa dove le valutazioni prevedono un declino. Le cause principali sono due:
- Sfasamento temporale nei dati: gli scienziati si basano su una serie di dati che si ferma all’anno N-1 e effettuano proiezioni per fare raccomandazioni di cattura per l’anno N+1.
- Differenze di scala: i pescatori possono percepire evoluzioni locali che non corrispondono alla popolazione globale.
“Il pescatore conosce molto bene, in tempo reale, ciò che c’è sotto la sua barca. Lo scienziato, invece, valuta lo stock sull’intera area di distribuzione”. Da qui l’importanza del dialogo tra professionisti e scienziati per una comprensione condivisa della risorsa.

Secondo una valutazione del 2021 condotta dalla FAO-GFCM, lo stock di Parapenaeus longirostris nelle unità geografiche GSA 12-16 (che includono il Canale di Sicilia) è considerato a rischio aumentato di essere sovrasfruttato. La raccomandazione associata è di non aumentare la mortalità da pesca. Nelle unità GSA 17-20, la raccomandazione è di ridurre la mortalità da pesca .
Adattare la valutazione degli stock a un mondo in cambiamento
La valutazione è il primo passo. Le possibilità di pesca e le misure di gestione sono poi fissate dalle autorità politiche, a diversi livelli, sulla base delle raccomandazioni degli scienziati. E ci sono esempi che dimostrano l’efficacia di queste misure, come la ricostituzione dello stock di tonno rosso del Mediterraneo-Atlantico nord-orientale, o quella del merluzzo nordico (dal Golfo di Guascogna alla Norvegia) dopo piani di gestione rigorosi, successi che mostrano che una gestione rigorosa può essere efficace.
Ma la valutazione degli stock si inserisce in un ambiente complesso e in evoluzione. Inoltre, a volte è difficile stabilire proiezioni affidabili, poiché integrare nei modelli queste evoluzioni che sconvolgono gli equilibri rimane difficile.

Nel periodo considerato (2007-2022) si osserva che la maggioranza degli stock ittici valutati si trova in uno stato di sovrasfruttamento: la mortalità indotta dalla pesca risulta superiore a quella necessaria per conseguire uno sfruttamento sostenibile delle risorse nel lungo periodo in condizioni ambientali medie.
Nel triennio 2020-2022 sono stati rilevati i valori più bassi della serie storica, con circa il 60% degli stock sovrasfruttati, evidenziando un relativo miglioramento. (Camilla Antonini, Saša Raicevich ISPRA)
Il cambiamento climatico: una sfida importante
Il cambiamento climatico influisce profondamente sugli ecosistemi marini. Il suo impatto è difficile da identificare in quanto tale, poiché spesso si combina con altri fenomeni come l’inquinamento. Il cambiamento climatico comporterebbe spostamenti di popolazione. In realtà, non si tratta di migrazioni, ma di una modifica della produttività locale dello stock: in acque con caratteristiche sfavorevoli, la produttività diminuisce, mentre aumenta nella parte favorevole della zona di distribuzione della popolazione. È così che il merluzzo, al limite sud della distribuzione nella Manica, nel sud del Mare del Nord e nel Mare Celtico, vede diminuire la sua produttività, portando a una diminuzione dell’abbondanza, mentre più a nord, la sua produttività aumenta e gli stock stanno bene nel Mare di Barents o in Islanda.
E concretamente, cosa significa? “il crollo delle popolazioni legato al riscaldamento climatico comporta meccanicamente pareri di catture nulle… senza alcuna garanzia — e probabilmente anche con la quasi certezza — che anche in assenza di pesca il merluzzo non tornerà in queste acque”.
Considerare le relazioni predatore-preda nelle valutazioni e nelle proiezioni
“Oltre al cambiamento climatico, altre modifiche dell’ecosistema sono difficilmente prese in considerazione nei modelli e nelle proiezioni”. “È in particolare il caso delle relazioni predatore-preda: quando si valuta uno stock di una specie che serve da preda ad altre e non si tiene conto delle variazioni riguardanti il numero di predatori, allora i risultati sono distorti”.
Il caso del merluzzo di Terranova
L’esempio del merluzzo di Terranova, a questo proposito, è molto emblematico: quando la diagnosi di sovrasfruttamento è stata formulata (probabilmente in ritardo) all’inizio degli anni ’80, le simulazioni effettuate, tutte le altre condizioni invariate, mostravano che interrompendo la pesca, lo stock di merluzzo si sarebbe ricostituito rapidamente. Non è stato così, e nonostante il legislazione — ancora in vigore oggi — lo stock non si è mai ricostituito. Perché? Perché nel frattempo l’ecosistema si era modificato: le prede tradizionali del merluzzo come l’aringa e il mallotto (Mallotus villosus) erano diminuite, mentre i suoi predatori naturali o concorrenti (come le foche) avevano visto aumentare le loro popolazioni. In questo nuovo equilibrio, il merluzzo non è più riuscito a ritrovare le condizioni favorevoli alla sua ripresa.
Questo caso emblematico illustra bene quanto sia fondamentale integrare nelle valutazioni delle risorse non solo i dati sulle catture e sulla riproduzione, ma anche quelli ecologici più ampi: interazioni tra specie, cambiamenti ambientali, spostamenti di popolazioni.
Verso una gestione ecosistemica della pesca

? Le specie più monitorate in Italia
Tonno rosso (Thunnus thynnus)
Nasello (Merluccius merluccius)
Triglia di fango (Mullus barbatus)
Gambero rosa (Parapenaeus longirostris)
Sardina (Sardina pilchardus)
Acciuga (Engraulis encrasicolus)
Negli ultimi anni, il concetto di gestione ecosistemica della pesca si è progressivamente imposto tra i ricercatori e i gestori delle risorse marine. Più complessa da mettere in atto rispetto alla gestione monospecifica tradizionale, essa mira a considerare l’insieme degli elementi dell’ecosistema: le specie bersaglio, le specie accessorie, i predatori, le prede, le caratteristiche fisiche e chimiche dell’ambiente, ma anche le attività umane e le loro interazioni.
“La valutazione degli stock rimane una base essenziale, ma deve integrarsi in una visione più ampia”. “Occorre anche rafforzare il dialogo tra scienza e mondo della pesca, perché i pescatori possiedono una conoscenza in tempo reale e sul campo che è preziosa. E laddove possibile, bisogna riuscire a coniugare queste due fonti di informazione per ottenere decisioni di gestione più intelligenti ed eque.”
Se oggi è possibile ricostruire certi stock ittici sovrasfruttati e se la pesca in Europa si è già molto regolamentata, è grazie a decenni di progressi scientifici nella valutazione degli stock. Tuttavia, le sfide da affrontare sono immense: cambiamenti climatici, modifiche degli ecosistemi, nuove pressioni economiche e sociali.
La valutazione delle risorse marine non è mai un esercizio definitivo, ma un processo continuo, che deve sapersi adattare a un mondo in cambiamento. Per i marinai, i pescatori e le comunità costiere, comprenderne il funzionamento significa anche partecipare, ognuno a proprio modo, a una gestione sostenibile dei nostri mari e delle loro ricchezze.
L’Italia ha compiuto progressi nel monitoraggio degli stock ittici, ma resta ancora molto da fare per raggiungere una copertura più ampia e garantire la sostenibilità delle risorse marine. Un aumento delle valutazioni scientifiche e una gestione più attenta sono fondamentali per preservare l’ecosistema marino e l’economia della pesca.






