Il denominatore comune e’ la parola PESCA, ma sono due attività che hanno ben poco in comune (se non la finalità di catturare il pesce). Ecco perche’ la pesca professionale e la pesca sportiva non sono mai state alleate.
A meno che non siate vegetariani, la pesca professionale ha da sempre rappresentato per tutti noi una delle risorse principali. La storia della pesca si perde nella notte dei tempi. Ancora prima di essere uomini, ancor prima di camminare su due gambe ed avere una posizione eretta prelevavamo prodotti ittici per la nostra alimentazione. Una volta la parola pesca aveva il significato di prelevare prodotti ittici dalle acque per il nutrimento. Questo valeva per tutti, chi aveva fame doveva solo procurarsi la cena. Ma il mondo e’ cambiato. Le nostre regole sono cambiate. La pesca e’ diventata una professione, un circuito economico che sostiene il pianeta con un business che spinge le economie di diversi paesi. Lasciando uno spiraglio a chi ha voluto continuare a pescare solo come passa tempo o per piacere. Il mondo e’ andato piu’ veloce di noi. Gli ultimi 100 anni, complici le evoluzioni industriali ed economiche, hanno visto dei periodi non proprio felici dovuti ad un prelievo eccessivo di prodotti ittici dalle acque marine e interne. Una mala gestione che ha visto calare il numero degli stock ittici in maniera repentina, e che oggi si trova in grave crisi. Abbiamo superato il limite e adesso il mondo sta cercando di risalire la china con nuove idee e nuove proposte che ogni giorno vengono valutate. L’acquacultura e’ una di queste. L’allevamento di prodotti ittici per immetterli sul mercato una volta raggiunta la taglia opportuna.
Siamo ancora lontani ma seguendo le linee guida della Politica Comune per Pesca o PCP con una corretta gestione nei prossimi 30 anni il mare potrà magari, non tornare ricco come lo e’ stato in passato, ma almeno tornare a respirare.
Poi c’è chi invece pesca per passione o per hobby. Una regolamentazione vetusta che dà la possibilità di prelievo a scopo ricreativo di prodotti ittici. Dalla pesca in mare alla pesca nei bacini interni passando per fiumi e torrenti. La pesca e’ spesso insita nell’essere umano e non si puo’ abolire. Non si puo’ pensare che un mondo senza pescatori sportivi sia migliore. Bisogna sanare invece i conflitti tra le due attività, cercando di unificarle e dare ad entrambe la possibilità di trarre vantaggio l’una dall’altra.
Un conflitto fatto di veleni, attacchi e contrattacchi da una parte e dall’altra. Le stesse associazioni di settore non hanno quasi mai cercato di tendersi la mano. Non hanno mai cercato di trovare un modo per non farsi la guerra.
Ma, e’ pur vero che spesso la pesca sportiva e’ borderline. Sono tanti (e non li chiamiamo pescatori sportivi quanto piuttosto bracconieri) che stanno buttando fango su chi invece pesca per passione e cerca in qualche maniera di rispettare gli ecosistemi. Le regole per la pesca sportiva ci sono. In primis il divieto assoluto di vendere il pesce pescato.
Ecco il vero problema: il danaro. Ed i pescatori professionali hanno ragione. Vendere il pesce proveniente da pesca ricreativa e’ reato. Subiscono già la pressione delle tasse e delle imposte per la loro attività, vittime anche loro dell’impoverimento dei mari. Ma la pesca sportiva si e’ evoluta ed e’ ancora in continua evoluzione. Il pescatore sportivo, e’ considerato tale perché pratica uno sport, perché nello sport ci sono valori. Dunque se si tratta di pesca sportiva a tutti gli effetti perché limitarla ancora di più. Piu’ interessante sarebbe gestirla correttamente, sfruttando quanto di bello questo sport può avere. Naturalmente non tutti sono d’accordo. Molte associazione ambientaliste si sono opposte duramente contro la pesca sportiva. Molte ne hanno chiesto il fermo. Ma sarebbe un po’ come impedire ad un bambino di non salire sull’albero perche’ rompe i rami.
Oggi si parla ancora di riformare la pesca sportiva. Si parla di vietare attrezzi passivi come nasse e palamiti. Si parla di tassare i pescatori sportivi per girare i fondi sulla pesca professionale. 20 euro annui a pescatore per la pesca da natante e 10 per la pesca da terra. I proventi verrebbero cosi divisi: 60% al fondo destinato per lo sviluppo della filiera ittica, 30% per finanziare le attività di vigilanza e controllo della pesca illegale svolta calla capitaneria di Porto ed un restante 10% andrebbe al CONI per la gestione della pesca come sport.
Una proposta di legge che viene presentata da diverso tempo e che ancora non ha visto i fiori d’arancio. Sono i numeri a far gola, i milioni di pescatori sportivi che praticano la pesca in Italia. Milioni di pescatori che si possono tradurre in milioni di euro. Beh, forse non ci crederete ma di questi milioni che praticano la pesca sportiva sono veramente pochi quelli assidui e tanti i pescatori che vanno a pesca sporadicamente. Tra questi milioni c’e’ una grande fetta, i pescatori d’acqua dolce. Questi ultimi sono gia’ soggetti alla licenza di pesca per le acque interne. Cosa rimane? Ben poco a mio parere.
Vietare una pesca tradizionale come i palamiti e le nasse servirebbe veramente? Lo stesso Testo Unico cita che il 30% dei fondi andranno a a finanziare le attività di vigilanza. Se ci sono i controlli, se fossero fatti a dovere, non si porrebbe più il problema. Nessun pescatore si azzarderebbe a immettere sul mercato le proprie prede. Il palamito poi e’ un attrezzo altamente selettivo, soprattutto i palamiti di fondo. Destinati alla cattura di specie target come saraghi, pagelli, spigole ed orate. Le nasse invece hanno una storia diversa, piu’ romantica. Sono delle vere e proprie trappole dove il pesce entra e vi rimane intrappolato. Ogni barca puo’ calare in mare non piu’ di 2 nasse. Ad oggi nessuna regolamentazione in piu’. Ma se questi attrezzi venissero segnalati da un’apposita targhetta sulle boe galleggianti si potrebbe risalire al proprietario e valutare o meno le irregolarità. Dunque la soluzione ci sarebbe, e non sarebbe neanche troppo onerosa da parte di chi pesca in buona fede e secondo le regole. La parola d’ordine dovrebbe essere SEMPLIFICARE. E poi INFORMARE. Divulgare le regole, farle apprendere anche ai più piccini in maniera che fra 20 anni il concetto di rispetto sia insito in noi come quello delle nostre passioni.
Intensificare i controlli in banchina
Come per gli altri stati europei potrebbe essere la figura del Guardia Pesca ad effettuare i controlli del pescato lungo le banchine dei porti o lungo le spiagge. La figura del Guardia Pesca non solo controlla ma informa, comunica e sensibilizza. Solitamente e’ la figura del guardia pesca che lega pesca professionale e pesca sportiva.
Legare con un unico filo conduttore pesca sportiva e pesca professionale
Inutile dire che il pesce lo mangiamo tutti i quasi. Inutile pensare anche che il pescatore sportivo il pesce non lo compra. Lo compriamo praticamente tutti i giorni e magari non lo sappiamo neanche. Il prodotto ittico viene trasformato, venduto in centinaia di prodotti differenti. Le due attività dovrebbero anzi devono coesistere per differenti motivi. Primo tra tutti la difesa del mare. Sono i pescatori le vere sentinelle. Sono coloro che lo scrutano aspettando la prossima pescata. Lo sono i pescatori professionali che passano la maggior parte della giornata tra le sconfinate acque blu. Sono coloro che raccontano come il mare tempo fa era pieno di pesci.E coloro che invece che sognano di andare a pesca per la prima volta nella loro vita. Bisogna conoscere per amare.