Carukia barnesi

La medusa Irukandji, il predatore “perfetto”

La pericolosa medusa Irukandji pesca. E, lo fa con ingegno. 

Ci sono voluti ben 5 anni di studi per scoprire come caccia la medusa Irukandji. Alcuni ricercatori del Queensland hanno studiato queste temibili meduse “senza cervello” scoprendo che in realtà sono eccellenti pescatrici. La letale medusa Irukandji, abbastanza comune in tutta l’Australia settentrionale, è stata oggetto di una ricerca effettuata dalla James Cook University che ha scoperto come queste minuscole creature marine attirino in trappole le loro prede utilizzando i tentacoli come un esca. 

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Esemplare di Irukandji catturato nel Queensland, in Australia

Stiamo parlando di un animale che è composto per il 96% da acqua, che non ha alcun cervello ma che si comporta come animali superiori. Attirare le prede con un esca è una strategia utilizzata da pochissimi esseri viventi. Lo fanno gli esseri umani, gli scimpanzè, alcuni pesci (come la rana pescatrice), lo fanno anche gli uccelli ma è veramente interessante scoprire che lo faccia anche una medusa. Un comportamento che gli scienziati non si aspettavano di osservare, che è stato prontamente pubblicato sulla rivista PLos One.

Chi sono queste temibili meduse

Le meduse Irukandji (Carukia barnesi Southcott, 1967, Malo kingi Gershwin, 2007 e Keesingia gigas Gershwin, 2014), o Irucangi, sono meduse di piccole dimensioni ed estremamente velenose, che si trovano soprattutto presso le coste australiane. Non vanno confuse con un’altra specie di Cubozoa, il Chironex fleckeri, che può causare la morte. La puntura di una medusa Irukandji causa dei sintomi che sono noti come “Sindrome di Irukandji”. Questi sintomi sono stati documentati per la prima volta da Hugo Flecker nel 1952 e prendono il nome dalla popolazione degli Irukandji, che vive nella zona costiera settentrionale del Cairns. La prima delle due specie ad essere scoperta, la Carukia barnesi, è stata identificata nel 1964 da un medico, Jack Barnes. Per provare che questo animale era la causa della Sindrome di Irukandji, Barnes ne catturò un minuscolo esemplare e si lasciò pungere mentre suo figlio e un bagnino ne osservavano gli effetti.

Come altre meduse, le Irukandji sono dotate di pungiglioni (nematocisti) non solo sui tentacoli (dove sono disposti a grappolo ed assomigliano a gocce d’acqua), ma anche sulla “esombrella”. In più, il veleno è diffuso solo a partire dalla punta delle nematocisti, piuttosto che dall’intera lunghezza. Ciò accade perché la parte iniziale è più debole, e si verifica soltanto una reazione ritardata mentre il veleno fa effetto.

Si sa poco sul ciclo di vita e sul veleno delle meduse Irukandji. In parte questo è dovuto alle loro piccole dimensioni e alla loro fragilità, che non consente di conservarle in normali bocce per pesci o in acquari. Il loro corpo è così fragile e inconsistente che l’impatto con le pareti di un normale contenitore in vetro le ucciderebbe. I ricercatori ritengono che il veleno possegga una forza sufficiente a stordire in modo immediato le prede delle meduse Irukandji, che sono pesci piccoli e veloci. In base a calcoli statistici, si crede che la Sindrome di Irukandji possa essere causata da molte specie di medusa, ma soltanto per la Carukia barnesi e per la Malo kingi si hanno dei riscontri scientifici di ciò.

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