Il Mare Adriatico è da sempre un crocevia di rotte commerciali, scambi culturali e tradizioni marinare. Uno specchio d’acqua relativamente piccolo, ma straordinariamente ricco di biodiversità e di storie umane. Pescatori, commercianti, ristoratori e intere comunità costiere vivono da secoli in simbiosi con le sue risorse. Tuttavia, negli ultimi decenni, i segni di una pressione crescente si sono fatti sempre più evidenti: fondali impoveriti, specie in diminuzione e un equilibrio ecologico fragile che rischia di spezzarsi.
Per rispondere a questa situazione, l’Italia e la Croazia hanno deciso di collaborare e definire nuove regole comuni per la pesca e l’acquacoltura nel tratto di mare che condividono. Un’iniziativa importante, che va letta non solo come un tentativo di difendere le risorse marine, ma anche come un esempio di governance transfrontaliera per la gestione sostenibile di ecosistemi condivisi.
La pesca nell’Adriatico: una tradizione messa alla prova

Nel corso della storia, la pesca nell’Adriatico ha sempre avuto un valore economico e culturale di primo piano. Dalle seppie ai gamberi, dai naselli ai mitili, le acque di questo bacino hanno alimentato i mercati locali e le cucine di tutta l’Italia adriatica e della costa croata.
Tuttavia, il progressivo aumento delle flotte pescherecce, unitamente alla domanda crescente di prodotti ittici, ha prodotto uno sfruttamento intensivo delle risorse marine. Molte specie, soprattutto quelle più pregiate e richieste, sono oggi vicine ai limiti biologici di sicurezza. Secondo gli ultimi studi, specie come il gambero rosa e il nasello hanno subito negli ultimi anni un preoccupante calo della biomassa riproduttiva, riducendo la capacità di rigenerarsi degli stock ittici.
A questo si aggiungono altri fattori aggravanti: il cambiamento climatico, con l’aumento della temperatura delle acque e la modifica delle correnti, e l’inquinamento causato dalle attività costiere e dai rifiuti plastici che raggiungono il mare.



Un aspetto centrale della nuova strategia di gestione dell’Adriatico riguarda il rafforzamento della tutela delle principali specie demersali, ovvero quelle che vivono e si riproducono sui fondali marini. Dal 2019 è in vigore un piano di gestione pluriennale adottato dalla CGPM (Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo), che interessa cinque specie di particolare rilevanza per la pesca locale: nasello europeo, triglia di scoglio, sogliola comune, scampo e gambero rosa mediterraneo. Questo piano, abbinato all’istituzione della zona di interdizione della pesca attorno alla Fossa di Pomo/Jabuka — un’importante area di ripopolamento naturale per molte specie — ha prodotto risultati significativi.
Negli ultimi anni si è registrato un incremento della biomassa di tutte e cinque le specie coinvolte, segno di un progressivo miglioramento dello stato degli stock ittici. In particolare, per triglia, gambero rosa e sogliola, i livelli di sfruttamento sono rientrati entro soglie sostenibili, un risultato incoraggiante per l’intero ecosistema marino e per le comunità costiere che da esso dipendono.
Per consolidare questi progressi, la più recente decisione della CGPM introduce ulteriori limitazioni all’attività di pesca a strascico con reti divergenti e stabilisce nuove chiusure spazio-temporali, con l’obiettivo specifico di favorire la ripresa dello stock di scampo, una specie ancora in condizioni delicate. Si tratta di misure che mirano a garantire non solo la sopravvivenza di queste risorse, ma anche la continuità delle attività di pesca artigianale e professionale nel medio-lungo periodo.
Cosa prevede il nuovo piano di gestione
La recente riunione della Commissione mista italo-croata per la pesca e l’acquacoltura ha portato alla definizione di una serie di misure condivise che puntano a restituire equilibrio all’ecosistema adriatico. Tra le principali decisioni:
- La protezione rafforzata di aree marine particolarmente sensibili dal punto di vista ecologico e riproduttivo.
- L’introduzione di limiti più rigidi alle catture, sia in termini di quantità che di periodo di prelievo, per le specie considerate più a rischio.
- La promozione di sistemi di acquacoltura sostenibile, con tecniche a basso impatto ambientale e controlli più severi sugli allevamenti in mare.
- Il rafforzamento delle attività di controllo e di contrasto alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, che rappresenta ancora una quota significativa delle catture totali nell’area.
Queste misure si affiancano alle direttive europee già in vigore in tema di pesca sostenibile e alla più ampia strategia del Green Deal, che vede nella tutela degli ecosistemi marini un obiettivo prioritario.
Una scelta necessaria per il futuro
L’urgenza di intervenire è dettata non solo da ragioni ambientali, ma anche sociali ed economiche. La pesca nell’Adriatico sostiene migliaia di posti di lavoro tra Italia e Croazia, ed è alla base di una filiera che comprende mercati ittici, piccole imprese di trasformazione, ristoranti, cooperative e famiglie di pescatori.
Se il mare si impoverisce, tutta questa economia rischia di crollare. È quindi nel diretto interesse delle comunità costiere e dei settori produttivi adottare regole di gestione più prudenti, per garantire una disponibilità costante e duratura di risorse ittiche.
Inoltre, i mari sono sistemi interconnessi: ciò che accade nell’Adriatico ha effetti anche sul Mediterraneo centrale e orientale. La gestione sostenibile di quest’area può dunque rappresentare un modello replicabile in altri contesti dove la pressione sugli ecosistemi marini è particolarmente elevata.
Collaborare oltre i confini
La cooperazione tra Italia e Croazia rappresenta un esempio positivo di gestione condivisa di un patrimonio naturale comune. In un’epoca in cui spesso prevalgono le logiche di competizione tra Stati, la scelta di definire insieme regole comuni a tutela di un bene collettivo come il mare è un segnale incoraggiante.
Governare le risorse marine in modo sostenibile richiede infatti una visione che superi i confini politici e amministrativi, riconoscendo la natura interdipendente degli ecosistemi e delle comunità che ne dipendono.
Il nuovo piano di gestione del Mare Adriatico rappresenta un passo importante verso una pesca più sostenibile e una tutela più efficace della biodiversità marina. È un intervento necessario, ma che dovrà essere seguito da azioni concrete e da un monitoraggio costante degli effetti prodotti sul medio e lungo periodo.
Il mare è una risorsa preziosa e insostituibile, non solo per chi ci lavora, ma per l’intera collettività. Prendersene cura oggi significa garantirne la vitalità anche per le generazioni future.
Perché, come recita un vecchio proverbio dei pescatori adriatici, “chi rispetta il mare, non soffrirà mai la fame”.
Fonti:
Commissione Europea, Mediterranean and Black Sea Fisheries (GFCM) Reports, 2024
Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste – Direzione Generale della Pesca Marittima e dell’Acquacoltura
Ministero dell’Agricoltura della Repubblica di Croazia – Directorate of Fisheries
Accordo bilaterale Italia-Croazia sulla gestione sostenibile della pesca nell’Adriatico, marzo 2025