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La pennatula rossa – Pennatula rubra

La pennatula rossa è un antozoo a forma di alberello delle dimensione massime di 40cm caratterizzato da una colorazione rosacea. I polipi della pennatula sono invece di colore bianco. Animale che vive su fondali sabbiosi, spesso solitari dai 10 ai 1000m di profondità.

Sembra un piccolo alberello o una foglia di un albero, con uno spessore di pochi centimetri. Possiamo quasi distinguere un davanti ed un dietro dell’animale, infatti i polipi si trovano solamente nella parte ventrale dell’animale. Struttura molto simile agli alcionari (idroscheletro) che permette di orientarsi secondo le correnti per catturare il cibo in sospensione. Riesce grazie al piede a scavare una fossa per infossarsi o per uscirne.

La pennatula è una specie endemica del Mar Mediterraneo.

Come tutti gli cnidari, è una specie carnivora i cui gastrozoidi sono responsabili della cattura e dell’assimilazione del cibo.
La capacità della colonia di orientarsi perpendicolarmente alla corrente le consente di massimizzare l’area di predazione. 

Menzionata dalla metà del XVI secolo, la luminescenza delle pennatule è stata descritta molte volte.
Il fenomeno stesso è stato spiegato, in linea di massima del francese Raphael Dubois in una memoria del 1887: si tratta dell’azione ossidoriduttiva di un enzima, la luciferasi, su uno specifico substrato, la luciferina, che permette una trasformazione diretta e integrale di energia chimica in energia luminosa, senza produzione di calore (la bioluminescenza è luce fredda).
Per le pennatule, la luminescenza dei polipi (e solo dei polipi) è intracellulare e si propaga da un punto di stimolazione a tutti i polipi dell’animale in una forma d’onda. Le cellule specializzate che assicurano la produzione di luce (i fotociti) vengono quindi attivate da un impulso nervoso diretto, senza controllo o modifica da parte di un dispositivo specializzato del tipo fotoforo, come ad esempio nei cefalopodi.
Anche se è sempre difficile interpretare la funzione di tale capacità senza un’influenza “antropocentrica”, si può immaginare che il più plausibile degli usi sia la protezione dai predatori per effetto di sorpresa indotto dalla propagazione di un’onda luminosa dal punto di contatto.


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