Cosa fare e vedere nel Golfo di Oristano

Mare di Sardegna

Il Golfo di Oristano passa da Capo Mannu a Capo Frasca, sino  alla penisola del Sinis e dall’Isola di Mal di Ventre, un tratto di costa da scoprire, collocato in una cornice straordinaria come quella del Mar di Sardegna.

Cosa vedere ad Oristano

Il mare di Oristano offre ai visitatori luoghi magici, circondati da un paesaggio ancora integro, che racconta una storia lunga migliaia di anni. Tra questi luoghi forse quello che si rivela ancora intatto, quasi come se l’uomo non avesse messo piede lungo quella costa è sicuramente il golfo di Oristano, ricco di stagni, baie ed insenature che nel tempo sono mutate infinite volte, per lo sconvolgimento di eventi geologici o climatici. Le cartine geografiche riportano una scritta lungo quella parte dell’isola: Campidano di Oristano, una pianura dagli accesi colori che nel tempo si è modificato in una mistura di stagni e dune costiere. Situato nella Sardegna centro-settentrionale, il Golfo vero e proprio è delimitato a nord da Capo San Marco e a sud da Capo Frasca dove si trova anche l’omonima stazione meteorologica di grande importanza per l’Aeronautica Militare Italiana e per l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia.

Il golfo prende il nome dalla città di Oristano che non si affaccia in verità nel Mar Tirreno ma che orgogliosa dei suoi territori abbraccia tutte quelle perle che fanno del Golfo di Oristano sicuramente uno dei luoghi più incantevoli da visitare in Italia non solo per la ricchezza di beni naturalistici, storici, culturali e gastronomici ma anche per la cordiale ospitalità delle genti che li abitano.

Archeologia e storia del Golfo

La presenza degli insediamenti umani non è di certo recente, i primi due insediamenti risalgono al neolitico. In tutto il territorio del Golfo si trovano circa 80 nuraghe, costruiti su punti strategici, spesso sopraelevati rispetto al territorio circostante, come se volessero dominare la piana, Tra queste rovine una è quella che affascina storici ed archeoleogi: Tharros, una delle più importanti città della storia antica, non solo per la Sardegna ma per tutti i popoli del Mediterraneo . Diverse dominazioni si contendettero la supremazia della città nel corso dei secoli, Tharros dal VI secolo a.C. fu sotto la dominazione punico-cartaginese e di quel periodo si possono osservare ancora le necropoli e il Tophet. Nel 238 a.C. i Romani sconfissero i Cartaginesi ed occuparono la Sardegna, per secoli Tharros splendette di luce propria grazie al commercio marittimo. Nel 460 d.C. la città venne occupata dai vandali e anche se riconquistata dai bizantini cominciò un’ inesorabile decadenza sino a venire totalmente abbandonata intorno al 1070 d.C. La città scomparve sotto la bianca sabbia del Sinis. Soltanto nel 1800 alcuni archeologi in cerca di oggetti d’antiquariato riportarono alla luce quell’enorme patrimonio storico che fino ad allora era stato ben custodito.

Tra terra ed acqua

Navigando da Nord, dall’isola di Mal di Ventre, scorgiamo a terra le dune che componevano l’antico deserto del Sinis, il paesaggio che si è creato deriva da manifestazioni vulcaniche del Miocene che hanno plasmato la struttura di questo tratto di costa, ma la trasformazione che ha subito questa costa è più recente e deriva dalle mani dell’uomo. Le coltivazioni e il lavoro agricolo hanno cambiato la morfologia del territorio, ma sono rimaste intatte le grandi spiagge di Oristano che circondano la penisola del Sinis e parte delle spiagge del golfo, formate da granuli di quarzite bianca che rende magica la vista della costa. Altro straordinario tesoro del Sinis e del Golfo di Oristano sono i grandi stagni, che oltre ad essere il meccanismo propulsore dell’economia del territorio, sono anche uno straordinario serbatoio di biodiversità. Gli stagni del golfo, Cabras, Mitras, Marceddi e Pauli sono ambienti di transizione, dove l’acqua dolce del fiume Tirso si mescola a quella salata del Mediterraneo, nel tempo hanno creato un vero e proprio ecosistema, di cui l’uomo si è prontamente servito dedicandosi all’attività dell’ allevamento ittico. Le specie ittiche principalmente allevate sono cefali spigole ed anguille. In questi stagni i pescatori, sino a poco tempo fa, utilizzavano un’ imbarcazione antichissima chiamata Fassonis, costruita intrecciando erbe palustri.

Cosa vedere in barca

Appena 40 miglia per navigare queste splendide acque, allontanandosi da Capo Mannu, verso sud, costeggiamo l’omonima spiaggia tanto amata dai surfisti per via delle imponenti onde che nascono quando soffia prepotente il Maestrale. Altre rade dove ancorarsi per godere dello splendido panorama e bagnarsi in acque cristalline sono: S’Archittu, Is arenas e Capo Sturaggia. Da Capo Sturaggia risalendo si punta L’Isola di Mal di Ventre o “Malu Ventu” come la definiscono i locali. Malu Ventu che vuol dire “vento cattivo”, a causa di frequenti burrasche, hanno nel tempo fatto delle coste dell’isola, un cimitero delle navi, per via dei numerosi relitti che giacciono sui fondali. Una rada sicura e quella di Cala dei Pastori, dove possiamo ancorarci su di un fondale di circa 10 metri. Circumnavigando l’isola bisogna tener conto che dal lato di ponente è praticamente inavvicinabile, in quanto Zona A della Riserva Marina così come lo scoglio del catalano.

Punta Maimoni e Is Arutas

In direzione del Golfo non si può fare a meno di ancorarsi a Punta Maimoni o in direzione della spiaggia di Is Arutas, che si estende per varie centinaia di metri costituita da piccoli granelli di quarzite bianca. Doppiando Capo San Marco, ci accolgono le rovine della punica Tharros, insediamento Fenicio riparata dal Maestrale grazie alla morfologia della costa. Le rovine della città di Tharros oggi si prolungano anche al di sotto del livello dell’ acqua pertanto la zona è stata inclusa nelle Zona C di protezione. All’interno del Golfo, Torregrande è uno dei maggiori scali turistici, dove anche imbarcazioni con un pescaggio di circa 2,5 metri possono approdare. Costeggiando il Golfo si può sostare lungo le bianche spiagge da Arborea sino allo stagno di Marceddì e poi verso Capo Frasca dove geograficamente termina il Golfo di Oristano.Il golfo di Oristano

L’area marina protetta del Sinis e Mal di Ventre 

L’Area Marina Protetta Penisola del Sinis-Isola di Mal di Ventre, affidata al comune di Cabras, occupa un’area di mare di circa 24.800 ettari ed è suddivisa in 3 zone di riserva: A, B e C. I meravigliosi fondali della riserva offrono ai subacquei incontri straordinari, e l’ambiente costiero è caratterizzato da ampi bassifondi ricoperti da grandi praterie di posidonia oceanica. Il fondale è un alternanza di  zone detritiche e sabbiose, numerose sono le secche che offrono la possibilità di osservare organismi marini a partire da quello che si considera il più prezioso: il corallo rosso.

Le Immersioni nel Golfo di Oristano

Sono almeno 2 i punti d’immersione dove si può osservare l’oro rosso. Il banco di Mal di Ventre a 5 miglia ad ovest dell’isola, e il Banco del Catalano.

Non è sicuramente una cosa inaspettata ritrovare il corallo rosso nel Golfo, perché le rovine di Tharros ci testimoniano che già nell’antichità il corallo rosso veniva lavorato ed utilizzato come ornamento femminile. Sul banco del catalano oltre al corallo rosso si può osservare un’ambiente ricco di coralligeno, madrepore, ricci saetta e axinelle gialle. Murene, gronchi, barracuda e grosse cernie invece si possono osservare in tutta tranquillità presso il Banco del Catalano. La secca di Mezzo invece si trova tra lo Scoglio del Catalano e L’isolotto di Mal di Ventre, uno dei punti più suggestivi di tutta l’Area Marina Protetta.

Le cattedrali di Mal di Ventre

Attorno a Mal di Ventre cambia lo scenario, qui domina il granito che si sviluppa in guglie verticali, chiamate Le Cattedrali. Sulle pareti dominano le madrepore arancioni. Di fronte al lato meridionale di Mal di Ventre è posato il relitto del vaporetto, o meglio quello che resta di un rimorchiatore a vapore ormai completamente coperto da organismi incrostanti, dove spesso si possono avvistare delle ricciole in caccia.

Cosa mangiare

La Sardegna è terra ricca di storia, cultura, e tradizioni e pertanto anche la cucina ha le proprie. Un sublime intreccio di aromi mescolati tra mare e terra, che hanno avuto nel corso dei tempi ed hanno tutt’ora una rilevante importanza commerciale per l’intera isola. Prodotti come la Bottarga o la Merka che si ricavano da una specie ittica di notevole importanza quale il cefalo, conosciuto anche come muggine. Da questo saporito pesce nasce la Bottarga, ricavata dalle uova del cefalo appena pescato, successivamente queste uova vengono salate e pressate, per favorire la disidratazione. La bottarga viene infine essiccata e viene consumata tagliata a fettine ed immersa nell’olio extravergine di oliva o grattugiata, e farà da condimento per gli spaghetti.

Altra leccornia che si ricava da questo gustoso pesce è la Merka o Mreka, che viene preparata bollendo i cefali a freddo dopo averli desquamati e puliti. Dopo un paio di minuti di bollitura i cefali vengono avvolti in un’erba aromatica, la Zibba che si raccoglie nei margini degli stagni. La piccola pesca costiera dona ancora ai suoi abitanti una vasta ricchezza di specie, dalle aragoste ai saraghi e ancora seppie, pagelli, dentici e cernie.

Clicca per votare questo articolo!
[Voti: 2 Media: 2.5]
Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Pinterest
Email
Tags :

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi articoli
Le schede degli organismi marini