Alcuni studi suggeriscono che dietro certi spiaggiamenti misteriosi dei delfini ci siano lesioni cerebrali simili a quelle dell’Alzheimer umano. Una scoperta che apre nuovi orizzonti sulla salute del mare.
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Immagina una mattina d’estate, sulla spiaggia. L’acqua è calma, il cielo limpido. Ma a riva, un gruppo di delfini giace immobile, incapace di tornare al largo. È una scena che colpisce il cuore e che, purtroppo, si ripete spesso in varie parti del mondo. Le cause? Spesso restano un mistero. Ma una nuova ricerca potrebbe gettare luce su un possibile colpevole insospettato: una forma di neurodegenerazione simile all’Alzheimer.
Un cervello da esplorare
Gli scienziati hanno analizzato i cervelli di diversi delfini arenati lungo la costa della Florida. In alcuni di essi sono stati trovati segni tipici dell’Alzheimer umano, come le placche di beta-amiloide e gli ammassi di proteina tau, che nei malati di Alzheimer distruggono progressivamente le connessioni neuronali.
Ciò che rende la scoperta sorprendente è che questi stessi segni erano stati osservati anche in delfini arenati nel Regno Unito e in altre zone dell’Atlantico, suggerendo che non si tratti di un caso isolato.

Ma cosa provoca questi danni al cervello dei cetacei? Gli studiosi hanno trovato un indizio importante: alte concentrazioni di tossine naturali prodotte da cianobatteri marini, soprattutto durante le fioriture algali. Queste tossine, come la BMAA, possono accumularsi nei pesci di cui i delfini si nutrono e, col tempo, danneggiare il sistema nervoso.
Il mistero degli spiaggiamenti
Quando un delfino perde la capacità di orientarsi, anche solo leggermente, può mettere in pericolo l’intero gruppo. I delfini, infatti, si muovono in branco seguendo spesso un capo branco esperto. Se proprio questo leader è malato o disorientato, può guidare tutti verso acque basse e fatali. È ciò che alcuni ricercatori chiamano la teoria del “sick leader”, il capo malato.
Questa ipotesi potrebbe spiegare perché, in molti spiaggiamenti, gli animali sembrano in buona salute fisica, ma incapaci di ritrovare la via del mare.
Non solo Alzheimer, ma un segnale d’allarme
Naturalmente, i ricercatori invitano alla prudenza: non tutti i delfini arenati mostrano questi segni, e non è detto che l’Alzheimer marino sia la causa diretta degli spiaggiamenti. Tuttavia, il collegamento tra tossine ambientali, danni neurologici e disorientamento appare sempre più forte.
E qui entra in gioco un messaggio importante: se il cervello dei delfini risente dell’inquinamento e dei cambiamenti marini, significa che l’intero ecosistema sta subendo un impatto. I delfini sono sentinelle del mare — ci raccontano, a modo loro, la salute dell’ambiente che condividiamo con loro.
Un richiamo alla responsabilità
Dietro la bellezza del mare si nascondono fragilità invisibili. Le fioriture algali tossiche, legate anche all’eccesso di nutrienti riversati nei mari e al riscaldamento globale, stanno diventando più frequenti. E ciò che colpisce i delfini oggi, domani potrebbe riflettersi su altre specie — e persino su di noi.
Proteggere il mare non significa soltanto salvare le sue creature, ma anche preservare un equilibrio che ci tiene vivi. Forse, quei delfini che perdono la rotta non sono solo vittime di una malattia: sono un segnale. Un messaggio che arriva dalle onde, e che ci chiede di ascoltare meglio.
Fonte : https://www.nature.com/articles/s42003-025-08796-0






