Il gamberetto Tailandese ha un prezzo molto competitivo, grazie al quotidiano britannico GUARDIAN, ed è facile capire adesso il perché!
Il quotidiano ha scoperta un sistema criminale legato al commercio di gamberi, che sfruttava degli schiavi migranti per la pesca del crostaceo.
Il GUARDIAN ha raccolto anche diverse testimonianze degli schiavi della pesca, che descrivono condizioni lavorative estremamente disumane.
Uomini, pescatori, lavoratori che venivano drogati, torturati e picchiati e venduti per poche centinaia di dollari ad industrie dell’allevamento del gambero. Uno di loro ha persino affermato di aver visto uccidere una ventina di persone circa, proprio davanti ai suoi occhi.
Gli schiavi della pesca erano spesso migranti irregolari, per lo più Birmani o Cambogiani, che inermi accettavano condizioni di lavoro estreme pur di non essere denunciati alle autorità in quanto migranti.
Chaoren Pokphand Foods, il più grande produttore di gamberetti, che fornisce i marchi tra cui Aldi, Walmart e Carrefour, per immettere il pesce sul mercato, sfruttava i prigionieri per fornire il prodotto ai supermercati. Carrefour ha già annunciato di sospendere i suoi acquasti verso l’impresa Tailandese, cosi come si preannuncia anche per gli altri marchi.
La società Chaoren Pokphand Foods che ha un reddito annuo di € 248 milioni ha cercato di giustificarsi, ma purtroppo i giornalisti del Guardian sono riusciti a provare tutto e a trasmetterlo al mondo intero.
E, benché le accuse di schiavitù, verso diverse aziende Tailandesi non sia nuovi L’ONG britannica Environmental Justice Foundation chiede di fare più luce e chiarezza su tutte le situazioni di abusi sul lavoro.
Sono migliaia gli immigrati illegali birmani e Tailandesi che lavorano nel settore della pesca in Thailandia. l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, già nel 2013 aveva denunciato “gravi abusi”a bordo dei pescherecci Tailandesi descrivendo casi di violenza e lavori forzati.
Migliaia di immigrati legali o illegali birmani e cambogiani che lavorano nel settore della pesca e altre industrie in Tailandia. Nel settembre 2013, l’ Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha denunciato “gravi abusi” sui pescherecci, descrivendo immigrati clandestini per ringraziarvi della violenza e del lavoro forzato.
Il 10% degli schiavi della pesca ha detto di essere stato picchiato a bordo e oltre il 25% ha confermato di lavorare con orari insostenibili senza nessun momento di pausa.
Secondo un sondaggio dell’organizzazione Free Walk, più di 30 milioni di persone nel mondo vivono in condizioni di schiavitù. India in cima (14 milioni di schiavi), seguita dalla Cina (2,9 milioni) e Pakistan (oltre 2 milioni).
Seguono Nigeria, Etiopia, Russia, Tailandia, Repubblica Democratica del Congo (RDC).