Il mercato ittico per le feste di Natale 2022: i prezzi non graveranno eccessivamente sulle tasche degli italiani

Il mercato ittico per le feste di Natale 2022: i prezzi non graveranno eccessivamente sulle tasche degli italiani

Una indagine di quanto e cosa consumino gli italiani nel settore ittico, è stata condotta dall’Ismea (l’Istituto di servizi per il mercato agricolo italiano) che in questi anni ha diramato tendenze e cifre evidenziando quanto la pandemia ed oggi la crisi generalizzata abbiano influito sui consumi di pesce.  Tale istituto ha evidenziato un’interessante analisi relativa al settore ittico: infatti, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 il comparto ha messo a segno una crescita del 6,7% rispetto al 2019, molto interessante se confrontata con il calo del settore (-0,4%) registrato l’anno precedente, ma più bassa della crescita media delle spese per i prodotti alimentari nello stesso anno.

     Un andamento dovuto alle diverse dinamiche che hanno interessato i prodotti ittici freschi e quelli lavorati, sotto forma di conserve (come il tonno in scatola) o surgelati. Nel 2020 ad incidere negativamente sul comparto ittico sono state le oscillazioni del segmento del fresco sfuso. Aprile e luglio sono stati i mesi più difficili, in cui si sono registrate flessioni rispetto al 2019 dovute anche alla discontinuità dell’offerta. Fortemente condizionato nel primo periodo da problematiche di tipo logistico e nei mesi estivi dalla maggior richiesta da parte dei ristoranti, il segmento del fresco ha avuto poi un’importante ripresa nella fase finale dell’anno  che ha fatto registrare addirittura un importantissimo +21% a dicembre, che ha riportato l’intero comparto in terreno positivo.

     Il segmento del pesce fresco, che rappresenta quasi il 50% dell’offerta, a causa delle dinamiche sopra esposte, ha messo a segno solo un +2%, a fronte di una crescita del 16% del prodotto congelato (che rappresenta circa il 20% del totale). Il recupero dei consumi domestici non sembra quindi essere stato sufficiente a compensare i mancati introiti presso i canali dell’Horeca. Secondo quanto emerge dal report sull’andamento dell’Economia Agricola nel 2020 reso noto dall’Istat, il settore ha visto un deciso ridimensionamento tanto della produzione (-8,8%) che del valore aggiunto (-5,3%).       

     Tuttavia dopo un andamento altalenante, si legge nel report Istat, la spesa per gli ittici freschi ha mostrato una netta ripresa nella fase finale dell’anno che gli ha permesso il superamento dei risultati del 2019.

Nel primo quadrimestre 2021 le vendite di prodotti ittici freschi sono cresciute vertiginosamente arrivando a toccare il +33,3% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Le vendite di questo segmento sono rappresentate per due terzi da “pesci” (68% in valore e 64% in volume), venduti interi, sfilettati o in trance, il restante terzo da molluschi (21% in valore e 27% in volume) e da crostacei (11% in valore e 9% in volume). A trainare le vendite nel 2021 sono stati soprattutto molluschi e crostacei, con incrementi superiori al 40% dopo un 2020 già chiuso in positivo (rispettivamente +18,3% e +4,5% in termini di spesa). Volano gli acquisti di prodotti gourmet, tra cui spiccano salmone, crostacei e pescato in genere, oltre al Caviale a cui bisogna poi indicare un percorso differenziato- spesso accompagnati da aperitivi e vini, anch’essi con vendite in evidente crescita. Prodotti freschi e affumicati, nel 2021, hanno goduto di una crescente preferenza da parte dei consumatori, con incrementi dei volumi acquistati rispettivamente del 30% e del 20%, dopo un 2020 chiuso rispettivamente a +2% e +10%. 

     Questo è il quadro generalizzato dei dati che fa ben sperare per il 2022, infatti gli italiani sono da sempre grandi consumatori di pesce. Lo confermano anche i dati del commercio mondiale elaborati da Export Planning, che vedono il Belpaese tra i principali importatori al mondo con una quota del 3,8%, pari a circa 3,7 miliardi di euro su un totale di 100,1 miliardi nel 2021. Le importazioni italiane vengono soddisfatte principalmente da Spagna (19,8%), Norvegia (12,5%), Svezia (9,6%), Paesi Bassi (9%) e Danimarca (8,5%). Per il 2022 è attesa una crescita del 2,5% in valore, che si accelererà nella media del triennio 2023-2025 (+7,7%). Un mercato quindi che si conferma di grande interesse sia per gli importatori e aziende di confezionamento italiane, sia per le realtà internazionali. E anche in Italia i nuovi consumatori guardano al pesce come scelta salutistica. 
     I Prezzi del mercato ittico, per il Natale 2022 non si discostano eccessivamente da quelli degli anni precedenti: “sua maestà” il capitone, sia esso proveniente da Comacchio o da Lesina, arriva ad un prezzo che si aggira sui 25€. Il Polpo locale ha un prezzo che oscilla tra i 20 ed i 24€ mentre quello francese, costa leggermente di meno, intorno ai 16€. Le seppie hanno un prezzo che oscilla tra i 12 ed i 15€. Il pesce serra (catalogato come FAO 37) ha un prezzo stabile sui 14€, mentre la palamita arriva ai 12€. L’Astice Americana arriva ad un prezzo di 25€, mentre l’omologa canadese, per la qualità, arriva a costare un pò di più, intorno ai 30€. Gli scampi congelati hanno un prezzo che oscilla tra i 30 ed i 40€, mentre quelli freschi locali costano addirittura il doppio. Le varietà di gamberi hanno addirittura diverse qualità per soddisfare le esigenze di tutte le tasche: dai 70€ di prima scelta del gambero rosso di Mazara, fino ai 35€ per la terza scelta dello stesso prodotto per arrivare poi ai mazzancolle che hanno un prezzo variabile tra i 22 ed i 25€ . Anche le vongole, grazie alla loro varietà, possono soddisfare esigenze di tutte le tasche: si va dai 12-15€ dei lupini ai fasolari che costano poco più (fino a 17€) per arrivare ai taratufi che si trovano a ben 30€, chiudendo con le vongole veraci che hanno un prezzo di 40€. Il salmone di allevamento (è quello che si trova più frequentemente in questi periodi) ha un prezzo compreso tra i 15 ed i 18€. I calamari locali arrivano a costare circa 35€ mentre quelli esteri costano 18-20€ . Il pesce per una buona frittura, che a tavola non manca (quasi) mai, costa tra gli 10 ed i 12€; mentre la celebre aragosta arriva ad avere un prezzo quasi fuori mercato oscillando tra i 100 ed i 120€. Le varietà di pesce che sono accessibili anche a fasce meno abbienti della popolazione sono le spigole ed orate di importazione che costano tra i 8 ed i 10€, mentre quelli nazionali costano tra i 18 ed i 20€ (stesso prezzo dello stoccafisso) per salire ai 22€ del baccalà e per chiudere con le sogliole che hanno un prezzo di 30€, per il pesce spada invece prodotto di grande consumo nazionale si attesta a circa 30/35 Euro.  Nota di particolare rilievo va fatta al tonno classificato come il re del seafood italiano. Secondo una recente ricerca Doxa, in Italia si mangiano circa 2,7 kg pro capite di tonno all’anno molto albacore importato dall’oceano indo/pacifico. Per il 58% degli intervistati il tonno è un alimento pratico, il 47% lo apprezza perché ha un gusto piacevole e il 25% perché è una valida alternativa al pesce fresco. Accessibilità (25%), ridotto consumo di grassi (15%) e ragioni salutistiche (10%) sono le motivazioni principali per cui i consumatori italiani apprezzano questo prodotto, uno dei pesci simbolo dei nostri mari e che andrebbe promozionato quello rosso (Thunnus Thinnus) al fine di indirizzare  parte di esso, oramai scrupolosamente controllato da regimi internazionali (ICCAT), verso una filiera di eccellenza tutta italiana .     La famiglia italiana “tipo” ha acquistato, secondo i dati Nielsen Consumer Panel, circa 21 kg di prodotti ittici, per i pasti tra le mura di casa. Significativo il divario tra i diversi nuclei: a un consumo medio di 15 kg nelle famiglie con componenti under 30 (pre-family e new-families), corrispondono infatti consumi di oltre 30 kg nelle older couples. Sono molto diversificate anche le dinamiche che hanno caratterizzato gli acquisti nell’arco del quinquennio 2016-2020. Le famiglie maggiormente fidelizzate (anziani soli o in coppia) hanno mantenuto inalterate le abitudini di acquisto, non mostrando infatti alcuna variazione dei volumi nel 2020 rispetto a cinque anni prima (2016). Le famiglie “di mezza età con figli in casa” hanno invece in questi 5 anni sempre più apprezzato il pesce in tavola, aumentandone le quantità del 15%.   

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