Lo scorso 9 ottobre si è tenuto nell’auditorium del Centro visitatori del Parco del Delta del Po, a Porto Viro, il convegno organizzato da Pescagri Cia Veneto sull’emergenza causata dal granchio blu.
La direttrice Nazionale di Pescagri, dott.ssa Marilena Fusco, ha introdotto l’argomento con il saluto iniziale, la spiegazione dello sviluppo dei lavori e facendo da moderatrice nei vari interventi e nei pareri degli esperti e dei tecnici, succedutisi nel corso del convegno.
Al termine dell’introduzione, il Sindaco di Porto Viro, Valeria Mantovan, ha portato i saluti della città, dell’amministrazione comunale e ha ringraziato per l’organizzazione del convegno su una tematica particolarmente delicata che affligge i cittadini e la totalità degli operatori del settore. Mantovan ha spiegato, dati alla mano, che c’è stato un incremento della popolazione dei granchi blu, spaventosa: infatti nel 2019 ne furono catturati circa 87kg, mentre l’anno scorso hanno catturato quasi 20 mila kg. Un dato assolutamente impietoso che fa capire, in proporzione, i danni che arreca e che il solo uso alimentare non basta a eliminare o ridimensionare il problema ma potrebbe essere un primo passo.
Dopo il congedo del Sindaco, è intervenuto Moreno Gasparin, Presidente del Parco del Delta del Po, il quale, dopo essersi accodato ai ringraziamenti per l’organizzazione, si è detto soddisfatto della sensibilità che ha suscitato tale tematica e si è detto contento, per la qualità di parterre che presenziava. Il dott. Gasparin sottolineava che bisognava agire, ma con intelligenza e bisognava capire come fare per agire nel miglior modo possibile, tutelando l’interesse di tutti: infatti l’Ente Parco è un fautore della tutela della biodiversità. Per questo ha sottolineato l’importanza di stare uniti e collaborare, per uscire dalla problematica tutti insieme: di modo che la problematica possa trasformarsi in opportunità per la crescita del territorio. Alla conclusione dell’intervento del dott. Gasparin, è intervenuto il Presidente della Provincia di Rovigo, dott. Enrico Ferrarese, che ringrazia tutti i presenti e l’organizzazione per il convegno, sottolineando il fatto che sia costruito tenendo conto di importanti basi scientifiche, ringrazia le istituzioni per il supporto e le Forze dell’Ordine per la loro operatività.
Poi è stata la volta di Gianmichele Passarini, Presidente di CIA Veneto, il quale ha fatto una fotografia della situazione attuale che è assolutamente impietosa: il granchio blu ha arrecato un danno di circa 168 milioni di euro, colpendo circa 3750 aziende, e colpendo, in maniera collaterale, anche l’indotto circostante.
Tale criticità, non può essere risolta, soltanto con la strada dell’uso commestibile del granchio blu anche se, ricalcando qualche intervento precedente, viene sottolineato come potrebbe essere una delle soluzioni percorribili. Conclude ringraziando il dott. Nicola Dall’Acqua, definito da molti “L’uomo delle emergenze”, visto che ne ha affrontate diverse con il governo ha presentato delle prospettive di soluzione, mostrando alcune slides e spiegando c’era stata la volontà del ministero delle politiche agricole di mettere a disposizione subito circa 13 milioni di euro per fronteggiare la problematica.
Il dott. Dall’acqua, insieme al dott. Passarini, hanno paventato la possibilità di creare un tavolo permanente a livello Nazionale, prospettando l’ipotesi di equiparare l’invasione del granchio blu ad una calamità naturale.
L’ex Sindaco, attualmente senatore, Bartolomeo Amidei, specifica che parla da cittadino e non da parlamentare, spiegando quanto abbia a cuore la problematica e dicendo che bisognava agire rapidamente senza perdere tempo perché i danni erano ingenti e che la cittadina aveva avuto a disposizione circa 180mila euro.
Pier Salvador , con un’importante esperienza a Bruxelles, nelle sedi politiche europee, ha sottolineato come si debba cercare di risolvere il problema senza muovere critiche (eccessive), viste le difficoltà organizzative per fronteggiare la problematica. Tutti devono, o dovrebbero collaborare, senza erigersi ad esperti del settore. Tale problematica ha generato una crisi senza precedenti, visto che i danni arrecati sono stati disastrosi e il conseguente aumento dei prezzi delle eccellenze del territorio anche. Ma la volontà politica è stata elogiata perché è stata attenta: solo questa attenzione, però, non è bastata: bisogna rimboccarsi le maniche e fare una lotta dal basso verso l’alto, poiché il territorio veneto è tra i primi produttori europei proprio delle sue eccellenze –le cozze e le vongole- e la produzione non si può fermare per la problematica dei granchi blu. Anche perché, sottolinea, che a Bruxelles non hanno idea della realtà delle cose.
Al termine di questi primi interventi, dal carattere squisitamente istituzionale, iniziano gli interventi tecnici di esperti che toccano con mano la problematica e scavano nel profondo per cercare soluzioni attuabili e realizzabili.
Il primo intervento tecnico è stato di Maurizio Varagnolo, allevatore di vongole, che ha spiegato il punto di vista della sua categoria -quella degli allevatori- sulla problematica del granchio blu. Nel suo intervento ha spiegato che bisogna rimboccarsi le maniche e collaborare per superare la problematica, sottolineando come gli aspetti ambientali e biologici abbiano influito su questo problema. Ha, inoltre, raccontato un interessante aspetto storico su come le Vongole Filippine si siano stabilmente insediate nelle zone lagunari dell’alto Adriatico, unica zona per caratteristiche ambientali dove tale vongola riesce a stare bene, e che la produzione delle stesse (dalle 50mila alle 70mila unità) abbia subito una drastica riduzione a causa della voracità del granchio blu. Dal punto di vista ambientale c’è stata la problematica del cambio delle temperature e di un notevole aumento della salinità delle acque (arrivata a circa 38 punti di salinità): in questi ultimi due anni, i problemi sono stati tali che molte attività hanno dovuto chiudere. Ma quello che da noi viene vista come una problematica, altrove viene vista come un’opportunità: infatti negli Stati Uniti il granchio blu ha un valore commerciale estremamente elevato, tanto che dall’utilizzo commestibile della sola comunità cinese, si è diffuso rapidamente nell’uso culinario comune. E in alcuni Stati, come il Maryland e la Virginia, c’è la pesca, la cattura e la commercializzazione del granchio blu a livelli industriali: dalle 35mila alle 50mila tonnellate l’anno.
Il consulente biologo del Consorzio cooperative pescatori del Polesine, Emanuele Rossetti, successivamente nel suo intervento, ha spiegato come il granchio blu abbia impattato anche sull’economia del Veneto, visto che ha colpito in maniera importante il fatturato di oltre 60 milioni di euro, solo per l’industria riguardante i molluschi. Il suo suggerimento è di attivare delle ZPS per dare vita ad un tipo di acquacoltura sostenibile. Anche questa soluzione, però, presenta dei risvolti negativi: sullo smaltimento dei residui che hanno provocato decine di milioni di euro di danni. Per questo, secondo Rossetti, bisogna mandare una lettera aperta alle autorità, per poter perorare la causa di 1500 persone, visto che è impossibile la convivenza del granchio blu in un sistema di acquacoltura sostenibile.
Al termine di questo intervento è intervenuto Joan Ignasi Gairin Deulofeu, biologo dell’Istituto tecnico scientifico Irta della Catalogna, perché nel delta dell’Ebro in Spagna, hanno già affrontato la problematica riguardante il granchio blu. Ha spiegato che prima tale problema era circoscritta nella comunità catalana, subito dopo si è esteso anche alla comunità Valenciana. Ha innanzitutto spiegato che nello stato iberico, il governo non si è sensibilizzato alla problematica e le varie parti in causa hanno dovuto cooperare e collaborare per trovare una soluzione e mettersi alle spalle il problema.
Lo spagnolo ha spiegato: “Noi abbiamo avuto il problema che adesso si sta verificando anche nelle coste italiane. Il primo passo è stato l’istituzione del Comitato di gestione del granchio blu nelle terre dell’Ebro, in collaborazione con il Dipartimento per il clima e l’agenda rurale”. Ha tenuto a sottolineare che la problematica è totalmente differente tra Italia e Spagna perché nel delta dell’Ebro non c’è presenza di vongole, ma il granchio blu ha proliferato ugualmente. Nel 2012 iniziavano i primi ritrovamenti dell’animale, ma fino al 2015 non ha rappresentato una criticità o una problematica che si è rilevata tale nel triennio 2015-2017.
Inoltre ha spiegato che l’animale si nutre moltissimo prima dell’inverno e quindi, con i primi freddi si può studiare di installare delle reti a protezione dei sistemi di acquacoltura. Inoltre ci sono dei pesci, come le orate, che si nutrono di uova di granchio blu (le femmine possono depositare fino a 2 milioni di uova) e i polpi sono capaci di mangiare fino a 1 kg di granchi al giorno (circa 5). Sottolineava, come anche gli interventi precedenti, che la strada culinaria può essere una soluzione ma non deve essere l’unica: bisogna sensibilizzare e divulgare la problematica per risolverla tutti insieme.
E’ stata poi la volta del dott. Paolo Ardizio, il quale ha sottolineato con fermezza che è necessaria la tutela del territorio. Tale problematica già si conosceva, adesso bisogna agire in maniera concreta. Ha spiegato in maniera efficace che il granchio blu, a rigore di normativa, non può essere considerata specie aliena, ma può essere annoverata tra le specie inedite, come lo scorfano tropicale che inizia a circolare anche nei nostri mari. Il problema reale è di tipo etologico ed è collegato più che altro alla stagionalità. La soluzione che suggerisce è quella che ha definito una terapia d’urto: la pesca per poi passare alla tracciabilità e, infine, alla vendita come altre specie autoctone. Il tutto però monitorato da un osservatorio permanente.
Chi lavora in un osservatorio è Giuseppe Cherubini: responsabile dell’osservatorio della Pesca Veneto. Il quale ha elogiato questa iniziativa e ha auspicato delle risposte veloci come già accaduto lo scorso agosto. Ha invocato un intervento del Governo e delle Istituzioni, attraverso i fondi Feampa, per contrastare le specie aliene. Concertando tali interventi con le imprese, visto che il rapporto istituzioni-imprese viene ritenuto fondamentale.
Al termine dell’intervento di Cherubini, ha preso la parola il Capitano Paolo Pignalosa, senior expert fisheries e fondatore della Oceanis srl, il quale ha sottolineato come tale fenomeno possa essere contrastato. Infatti, in collaborazione con alcuni biologi (con i quali collabora da tempo), tra cui il dott. Alessio Zambetti, ha esemplificato ben 5 soluzioni per provare a fermare la piaga del granchio blu. Innanzitutto spiega che bisogna che ci sia raccordo tra DG Pesca e Masaf, dopodiché si può passare allo studio vero e proprio dell’animale.
Il Capitano spiega in maniera brillantemente efficace, che il punto debole del granchio blu è la sua stessa voracità a tale proposito si possono collegare le varie soluzioni: la prima è quella di creare un hotspot habitat per mettere gli esemplari catturati e studiarne le caratteristiche; poi bisogna fare una data collection su quanto viene raccolto da coloro che studiano tale fenomeno; fare una raccolta zonale per poter meglio individuare o, per meglio dire, geolocalizzare i punti di proliferazione ed infine creare delle linee guida che, però, tengano conto dei fattori sociali ed economici.
Ha concluso la giornata di lavori Luca De Carlo, senatore e presidente della Commissione Agricoltura, il quale ha spiegato, con piglio deciso che: “C’è stato un approccio tempestivo della politica nel fronteggiare il problema del granchio blu, che ha visto l’assegnazione di 13 milioni di euro in soli due mesi da parte del governo: una reazione che raramente si è vista nella storia della Repubblica”. Il Senatore ha poi ricordato che l’indagine conoscitiva in corso voluta dalla stessa commissione per valutare i sistemi di monitoraggio e gli strumenti per affrontare il cambiamento climatico, causa principale del proliferare del granchio blu.