Quando il Mediterraneo si ferma da una parte sola
Mazara del Vallo, agosto 2025.
Il porto è immobile, l’acqua si increspa appena contro le banchine. Le reti giacciono ripiegate, i motori spenti, il sale che si deposita sulle mani dei pescatori come una condanna. È iniziato il fermo biologico: dal 7 agosto al 5 settembre 2025 le marinerie siciliane devono restare a terra, per permettere al gambero rosso di profondità – Aristaeomorpha foliacea – di ripopolare i fondali del Canale di Sicilia, nell’area di gestione GSA 12-16.
Contenuti
- Quando il Mediterraneo si ferma da una parte sola
- Un mare di regole a senso unico
- Condizioni e tecniche di pesca
- Importanza economica
- Le criticità
- Le famiglie del mare
- Prolungare la sospensione dello strascico nel Tirreno fino al 30 novembre 2025.
- Oltre il 2025: l’attesa del 2026
- L’oro rosso e il prezzo della sopravvivenza
- Dove si pesca il gambero rosso nel Mediterraneo
- Aree internazionali del Mediterraneo

Per il gambero viola e il gambero rosso, è stata introdotta una taglia minima di conservazione pari a 25 mm di carapace per certi areali: GSA 12-16 (Canale di Sicilia), GSA 19-21 (Mare Ionio) e GSA 24-27 (Mar di Levante).
Un provvedimento necessario, dicono i tecnici del MASAF e della Commissione europea, per ridurre la pressione sugli stock ittici.
Ma al porto di Mazara, dove metà del fatturato dipende proprio da quel crostaceo, la parola “necessario” ha il suono amaro dell’ingiustizia.
Perché mentre i pescherecci siciliani restano legati ai moli, quelli tunisini – appena oltre la linea invisibile delle acque internazionali – continuano a pescare.
Le regole, qui, finiscono dove cominciano altri confini.
Un mare di regole a senso unico
Il Mediterraneo è un mosaico di territori e interessi, un mare chiuso in cui ogni tratto di costa risponde a un ministero diverso, a leggi diverse, a sensibilità ambientali diverse.
L’Unione Europea, spinta dalle sue politiche di sostenibilità, ha imposto negli ultimi anni limiti sempre più rigidi alla pesca a strascico: riduzione dei giorni di attività, taglio delle quote, introduzione di taglie minime – come quella dei 25 mm di carapace per il gambero rosso, stabilita nel settembre 2025.

La misura della taglia minima di 25 mm per il gambero viola (e rosso) significa che gli esemplari più piccoli non possono essere catturati, detenuti, trasbordati, sbarcati o commercializzati. Questa normativa colpisce direttamente la flotta specializzata in pesca di profondità — che include le imbarcazioni che pescano gambero viola — e accentua la pressione regolatoria su quel segmento del comparto ittico.
Misure che, almeno sulla carta, servono a proteggere la risorsa. Nella realtà, creano un divario sempre più profondo fra chi rispetta le regole e chi no. I nostri pescatori restano fermi, mentre le flotte nordafricane continuano indisturbate. Serve un coordinamento internazionale, altrimenti la sostenibilità si trasforma in condanna economica”.
Le famiglie del mare
A Mazara, Sciacca, Pozzallo, Porto Empedocle e Lampedusa, la sospensione della pesca non è solo un atto tecnico: è un fermo dell’anima.
Ogni barca ferma significa venti, trenta famiglie senza reddito.
Ogni settimana di stop aggiunge debiti, ansie, contratti congelati.
“Quando non peschi, il mare ti manca – racconta Nino, comandante di un motopesca con trent’anni di navigazione – ma quello che fa più male è sapere che mentre noi rispettiamo le regole, altri fanno affari con il nostro gambero.”
Paradosso dei paradossi: in questi mesi i commercianti siciliani sono costretti ad acquistare gamberi dalla Tunisia per rifornire i mercati locali.
Lo stesso prodotto, pescato a poche miglia da qui, ma con un’altra bandiera.
Un circolo vizioso che mina la credibilità stessa delle politiche europee: si protegge una risorsa da un lato, la si consuma dall’altro.
Prolungare la sospensione dello strascico nel Tirreno fino al 30 novembre 2025.
Dal Tirreno a Mazara del Vallo, prima flotta di pesca a strascico del Mediterraneo, le marinerie italiane sono sul piede di guerra.
Non solo per il fermo del gambero rosso, ma anche per un nuovo provvedimento europeo che rischia di gettare nel caos l’intero comparto.
Secondo una direttiva UE recepita a livello nazionale, le marinerie operanti nel Mar Tirreno, dopo il fermo biologico già osservato, dovranno prolungare la sospensione a strascico fino al 30 novembre 2025.
Un mese in più di stop che, se da un lato evita una misura ancora più drammatica – la chiusura totale fino a dicembre e l’allontanamento delle flotte oltre le 4 miglia dalla costa – dall’altro rivela tutta la fragilità di un settore costretto a vivere in emergenza permanente, tra attese, incertezze e promesse non mantenute.
Le marinerie tirreniche, dalle coste sarde a quelle siciliane, denunciano una gestione frammentata e una mancata programmazione che rischia di esasperare le tensioni interne, alimentando diffidenze reciproche.
Alcuni pescherecci siciliani, attivi da sempre nelle acque sarde, vengono ora accusati di sottrarre spazio operativo alle flotte locali: un conflitto tra poveri che nasconde un problema più grande.
Una cosa è certa: l’ennesima conferma delle politiche vessatorie di Bruxelles, che da anni colpiscono indiscriminatamente lavoratori e imprese del comparto ittico italiano, additandoli come i principali responsabili del degrado ambientale marino.
Una narrazione semplicistica che dimentica le vere minacce alla biodiversità: l’inquinamento da terra, gli scarichi industriali, i rifiuti plastici, e il cambiamento climatico che altera salinità, correnti e cicli riproduttivi.
Tra ZEE decise unilateralmente dai Paesi rivieraschi, normative sempre più restrittive e interventi inadeguati della politica nazionale, la pesca a strascico italiana rischia il tracollo.
Eppure è un settore vitale: secondo Coldiretti, fornisce oltre il 70% del pescato consumato in Italia, con 12.000 imbarcazioni e un giro d’affari di circa 750 milioni di euro.
Negli ultimi trent’anni, però, la flotta ha perso un terzo delle barche e 18.000 posti di lavoro.
Una lenta emorragia che sembra non arrestarsi.
Oltre il 2025: l’attesa del 2026
Per il 2026 non esistono ancora decreti ufficiali sul fermo pesca.
Il MASAF deve ancora definire i nuovi periodi di stop e i limiti di sforzo di pesca, ma l’impianto sarà probabilmente lo stesso: un blocco di circa trenta giorni fra agosto e inizio settembre.
Tuttavia, a Bruxelles e a Roma si parla sempre più spesso di un tavolo euro-maghrebino per uniformare le regole del Mediterraneo centrale.
L’oro rosso e il prezzo della sopravvivenza
Il gambero rosso, che una volta era simbolo di prosperità e orgoglio per le marinerie siciliane, è diventato il simbolo di una crisi più profonda: quella della sovranità alimentare e della giustizia economica nel Mediterraneo.
Ogni anno che passa, la linea tra tutela ambientale e abbandono sociale si fa più sottile.
Se il 2025 è stato l’anno del fermo e della rabbia, il 2026 rischia di essere quello della resa.
O della rinascita, se davvero Europa, Italia e Nord Africa troveranno il coraggio di sedersi allo stesso tavolo.
Perché, come dice un vecchio marinaio guardando l’orizzonte:
“Il mare non ha confini. Li abbiamo inventati noi.
E adesso ci siamo incagliati dentro.”
Dove si pesca il gambero rosso nel Mediterraneo
La specie viene catturata in profondità tra 300 e 800 metri, soprattutto nel Canale di Sicilia, all’interno delle zone FAO (GSA) 12–16:
| GSA | Zona FAO | Area geografica | Porti principali |
|---|---|---|---|
| 12 | Nord Tirreno | Area tra Toscana e Sardegna | Porto Santo Stefano, Civitavecchia |
| 13 | Sardegna | Mare di Sardegna | Oristano, Arbatax |
| 14 | Golfo di Taranto | Ionio settentrionale | Gallipoli, Crotone |
| 15 | Sud Ionio – Stretto di Sicilia orientale | Da Siracusa a Gela | Pozzallo, Portopalo, Sciacca |
| 16 | Canale di Sicilia – banco di Mazara | Sicilia sud-occidentale | Mazara del Vallo, Lampedusa, Sciacca |
Aree internazionali del Mediterraneo
| Area | Paesi principali | Note |
|---|---|---|
| Mediterraneo occidentale | Italia, Spagna, Francia, Tunisia | Zone di sovrapposizione biologica (Canale di Sicilia, Mare di Alborán) |
| Mediterraneo centrale | Italia, Malta, Tunisia, Libia | Area più critica, per sovrasfruttamento e mancanza di regole condivise |
| Mediterraneo orientale | Grecia, Egitto, Turchia | Stock meno sfruttato ma in aumento |






