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Turismo, pesca, ricerca: l’Oceano Antartico in balia di specie invasive?

L’Oceano Antartico, uno degli ultimi ecosistemi naturalmente isolati del pianeta, vittima di turismo, di pressione dei pescherecci e delle missioni di ricerca. Flotte crescenti di navi che entrano tra le acque incontaminate trasportando specie marine potenzialmente invasive. Uno studio oggi fa il punto sugli scambi marittimi globali nel continente Antartico.

L’Oceano Australe, che bagna le coste dell’Antartide, è l’ambiente marino più isolato esistente oggi sulla Terra. È anche l’unico ambiente marino al mondo che non è stato ancora colonizzato da specie invasive. Ma per quanto tempo? Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Cambridge e del British Antarctic Survey ha appena messo in luce l’estrema fragilità di questi ecosistemi nativi, minacciati oggi da una vasta rete di attività marittime che si stanno sempre più intensificando.

Un “continente bianco” collegato a tutte le regioni del globo

Utilizzando dati satellitari e database internazionali con i dati dei i trasporti marittimi dispiegati dal 2014 al 2018 al di sotto di una latitudine di 60 gradi sud – il limite dell’Oceano Antartico -, i ricercatori inglesi hanno tracciato le traiettorie delle navi che entrano in Antartico. La mappa rivela un “continente bianco” collegato a tutte le regioni del globo: ad oggi, 1.581 porti hanno collegamenti con l’Antartide. Pescherecci, turismo, ricerca o rifornimenti, principalmente dal Sud America e dall’Europa, espongono queste fragili aree a nuove minacce. Gli scafi di queste barche trasportano spesso clandestini: cozze, cirripedi, alghe,…). Queste sono tutte specie potenzialmente invasive che potrebbero competere con le specie autoctone.


Il traffico marittimo legato all’Antartide.


La fauna e la flora marina antartiche si sono sviluppate in un ambiente isolato dal resto del mondo per 15-30 milioni di anni dalla barriera naturale costituita dalla potente corrente circumpolare. Ma questo fronte oceanico, impossibile da attraversare per le larve provenienti da regioni esterne, non è più così ermetico. Nel 2019, i ricercatori dell’Università Austral del Cile hanno scoperto per la prima volta cozze della Patagonia sulle coste del continente ghiacciato . È probabile che vi siano stati depositati durante un ciclo riproduttivo tra esemplari adulti in transito sullo scafo di una imbarcazione. Queste cozze, già adattate alle fredde acque della Patagonia, potrebbero stabilirsi in questo ambiente estremo e modificarne l’equilibrio.

Il turismo rappresenta il 67% delle visite ai siti antartici

La seconda grande minaccia che colpisce l’Oceano Antartico, sottolineano gli autori dello studio, potrebbe provenire dall’altro polo del freddo: l’ArticoLe specie marine dell’estremo nord sono infatti perfettamente adattate alle basse temperature. E molte agenzie di viaggio polari offrono soggiorni nell’Artico durante l’estate nell’emisfero settentrionale e poi durante la stagione estiva nell’emisfero meridionale. Tutti sulle stesse navi che raggiungono così i due poli ogni 6 mesi. Le navi oceanografiche polari compiono esattamente le stesse traiettorie. Lo studio mostra quindi che il turismo rappresenta il 67% delle visite ai siti antartici, la ricerca il 21% e la pesca solo il 7%.

Ma il pericolo di introduzione di specie è legato anche al tempo trascorso nelle acque antartiche. Le navi da ricerca, pesca e rifornimento sono quindi le più a rischio perché sono ancorate più a lungo nei porti dell’Antartide rispetto alle barche turistiche. Tuttavia, durante la stagione 2019-2020 (prima della pandemia), la regione è stata visitata da oltre 70.000 persone secondo l’Associazione internazionale dei tour operator antartici… Uno sviluppo minaccioso per gli ecosistemi. Scienziati britannici raccomandano in particolare l’ispezione sistematica e la pulizia degli scafi delle navi dirette nell’Oceano Antartico per proteggere l’ultimo spazio “vergine” del pianeta, minacciato in primo luogo dal riscaldamento globale.

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