La situazione è a dir poco drammatica per la “pesca” italiana, afferma IMPRESAPESCA di Coldiretti, per un settore che ha significative restrizioni di operatività in giornate di pesca massime annue, ridotte a 80/90 giorni per le draghe, 90/100 giorni per le circuizioni, 140/170 giorni per lo strascico e volanti, e 180/220 giorni per la piccola pesca artigianale.
Tali tempi di lavoro così ristretti non possono sostenere una contribuzione per 365 giorni annui. Senza sgravi, il settore sarebbe destinato a soccombere anche in rapporto ai competitor sul mercato europeo, nel contesto mediterraneo, come Slovenia, Croazia, Grecia, Cipro, Malta e Spagna che hanno costi di produzione molto più bassi dei nostri.
Sarebbe una lotta impari quella dei nostri pescatori non in grado di abbassare i prezzi sotto i costi di produzione; questo porterebbe fuori mercato il nostro pescato. L’attuale comportamento dei Ministeri, che tiene il sistema associativo fuori da ogni coinvolgimento sulle problematiche relative agli sgravi, ci preoccupa o meglio ci spaventa.
Si vocifera senza alcuna formalità sull’applicazione del “de minimis”, un vera foglia di fico che poco copre. Questa applicazione, infatti, potrebbe non coprire le imprese di pesca di grandi e medie dimensioni ed anche in particolare “tutte” le imprese che abbiano avuto negli ultimi due anni applicati provvedimenti che hanno attinto negli aiuti “de minimis”. Per giunta se portata a regime la misura sarebbe del tutto bruciata per ogni altra eventuale emergenza, scoprendo il fianco al settore che rimarrebbe senza sostegni in caso di necessità.