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Pescatori italiani in crisi. Sono sempre piu’ a rinunciare

Non si placa la morsa della crisi nel settore della pesca. Coldiretti mette in luce quadro preoccupante

La caduta dei prezzi, la concorrenza sleale dei produttori esteri e la pesca illegale stanno distruggendo il settore ittico nostrano. Una crisi che ha colpito un indotto economico importantissimo come quello della pesca che ha un PIL pari al 2,6% e conta circa 25.000 operatori.

“Basti pensare al caso delle triglie, le cui quotazioni sono crollate anche fino a 10 centesimi al chilo, mentre le gallinelle vengono pagate anche a 50 centesimi al chilo. Nonostante si tratti di prodotti di qualità e dalle importanti proprietà nutrizionali”.

pesca-e-pescatori-3Una catastrofe per un settore che ha perso 18.000 posti di lavoro negli ultimi 30 anni ed il 35% delle imbarcazioni. Sempre piu’ pescatori gettano la spugna e sono costretti a svendere  licenza ed imbarcazioni.

Due pesci su tre ormai arrivano dall’estero

Sui banchi delle pescherie e dei mercati si trova in quantità sempre maggiori il pangasio del mekong spacciato per filetti di cernia, di breme spacciati per baccalà, o halibut e linguata senegalese spacciata per sogliola. Una frode alimentare ittica sempre in agguato per i consumatori soprattutto perché nei ristoranti non e’ obbligatorio indicare la provenienza.

Sosteniamo il “Made in Italy”

pesca-e-pescatori-9La filiera ittica ha bisogno di sostegno, bisogna acquistare dai produttori o nei mercati ittici prodotti a Km zero, a partire da quelli di Campagna amica. Coldiretti chiede di rivedere i fermi pesca che ad oggi servono solo a favorire questi meccanismi cosi dirompenti. “Non premia i produttori, né tutela la risorsa, non tenendo peraltro conto del fatto che solo alcune specie ittiche si riproducono determinati periodi. Il fatto di togliere poi il pescato Made in Italy dal mercato proprio nel periodo di massimo consumo non fa altro che favorire le importazioni di prodotti ittici dall’estero, i cui arrivi si sono, non a caso, moltiplicati negli ultimi anni, fino a raggiungere nel 2015 quota 769 milioni di chili, dei quali ben il 40% viene da paesi estracomunitari”.

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