Lo studio partito con una campagna di pesca ha dato risultati sconvolgenti durante le analisi di laboratorio. Infatti i piccoli crostacei catturati nelle fosse oceaniche avevano ingerito fibre plastiche provenienti da tessuti e nylon. I ricercatori dopo le analisi hanno pubblicato lo studio sulla rivista scientifica THE ROYAL SOCIETY.
Sembra che le microplastiche siano anche state classificate secondo i colori con un predominante del blu seguite da nero e rosso.
I crostacei pescati sono esemplari di Lysianassidae, piccoli gamberetti abissali dell’ordine degli anfipodi che si nutrono nella catena del detrito. Su 90 gamberetti catturati ben 65 avevano fibre plastiche nello stomaco. La percentuale di plastica più’ alta si trova nella fossa delle Marianne mentre sembra un po meno inquinata la fossa delle Nuove Ebridi in Australia.

Si stima che oltre 250.000 tonnellate attualmente galleggino sulla superficie degli oceani. “Una volta che queste plastiche raggiungono i fondali non hanno altro posto dove andare, e quindi è presumibile che si accumulino in grandi quantità”.