Per il popolo Vezo la risposta alla mancanza di cibo è la protezione dell’ambiente marino
Il popolo Vezo, popolo di origini asiatiche nel sud-ovest del Madagascar, si sostenta di pesca da almeno 1000 anni. Circa 10 anni fa, il biologo marino Alasdair Harris, avvertì della vulnerabilità delle risorse ittiche, avendo a cuore sia l’ambiente marino che i popoli dei villaggi costieri dell’intera isola. Quando fu proposto di vietare la pesca in alcune aree strategiche gli abitanti hanno subito avuto pareri contrastanti. Tra riluttanti e fuduciosi, furono chiuse delle aree di pesca per 6 mesi nel 2004.
“Quando abbiamo aperto la pesca, gli abitanti hanno catturato circa 1000 Kg di polpi in un solo giorno”, raccontano gli abitanti. Non credevamo ai nostri occhi, ma abbiamo capito che prendendoci cura delle nostre risorse possiamo solo avere dei vantaggi.

Il modello di gestione realizzato dal ONG Blue Ventures, che ha anche vinto un premio nel 2005, è stato adottato rapidamente da diversi villaggi, ad oggi circa l’11% delle coste del Madagascar beneficia di questa “protezione” e ne stanno traendo vantaggio sia gli abitanti che le aziende locali.
Quanto è importante l’informazione e la ricerca non sta a noi ricordarlo. Pensate che un popolo che lotta per sopravvivere in regioni costiere minacciate dagli effetti del cambiamento climatico, come quello di Vezo, definiti in diversi testi “nomadi di mare”, è riuscito a rendere sostenibile una risorsa soltando informando e rendendo protagonisti del loro futuro proprio coloro che dipendono dal mare, aiutandoli a riconoscere l’importanza della conservazione.