Stiamo parlando dell’ ecosistema più ampio ma anche meno studiato del pianeta. Gli abissi e la vita che si cela nel buio delle profondità a quanto pare sono meno conosciuti della luna. Bui, freddi e pericolosi.

La vita negli abissi
Fino a 150 anni fa si riteneva che non poteva esistere vita negli abissi sotto i 200 metri, dato che la luce solare, necessaria per la fotosintesi delle piante, veniva assorbita completamente dalla colonna d´acqua. Quando furono posati i primi cavi telegrafici negli oceani alla fine del 19° secolo e durante le regolari ispezioni tecniche, fu scoperto con grande stupore che i cavi erano stati colonizzati da piccoli bivalvi. Le prime investigazioni scientifiche della vita negli abissi sono state condotte durante la spedizione della “Challenger“, nave britannica che dal 1872-76 circumnavigò la terra e colleziono 240 campioni del fondale marino. Una sensazione fu la scoperta di campi e sorgenti idrotermali nelle profondità marine nei pressi delle isole Galapagos nel 1977. I fluidi che sgorgano dalle sorgenti possono raggiungere 400°C e sono colorati neri per via dei minerali dissolti in essi. Questi composti chimici sono usati da batteri per ricavare tramite chemosintesi energia, i batteri formano a loro volta la base di una catena alimentare che comprende molluschi, policheti, artropodi e pesci. Il primo ecosistema conosciuto completamente indipendente dalla luce solare.
La vita negli abissi più profondi
Un’altra rivoluzione avvenne nel 1983, quando nel golfo del Messico furono scoperte delle sorgenti di fluidi freddi (con temperature di pochi gradi sopra lo 0), composti d’idrogeno solforato, metano e idrocarburi. Anche qui si era sviluppata una comunità di organismi particolari. Successive ricerche, soprattutto negli ultimi due decenni, hanno rilevato almeno undici tipi di comunità con diverse specie di organismi, una diversità determinata apparentemente dall´isolamento geografico e forse anche dal tipo di sorgente colonizzata.

Per le creature che vivono negli abissi la pressione preme da ogni parte e, come l’aria che grava su di noi, non reca loro disturbo. I loro tessuti si sviluppano in quell’ambiente, e i fluidi che si trovano all’interno del corpo acquistano una pressione tale da creare equilibrio con la pressione esterna. In queste zone, per via dell’oscurità, manca completamente la vita vegetale. Il cibo perciò “piove” dagli strati superiori. Gli organismi della fossa della Marianne sono per la maggior parte lunghi pochi centimetri: attinie, policheti, oloturoidei (Elpidia, Myriotrochus,Scotoplanes), molluschi bivalvi, crostacei isopodi, e anfipodi. A profondità minori (fino a 5-6 mila metri) c’è una grande varietà di pesci: dalla rana pescatrice abissale al pesce tripode, al pesce pellicano.