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La maggior parte delle compagnie che pescano krill in acque antartiche ha accettato la sfida di Greenpeace, annunciando di voler fermare volontariamente questa attività in vaste aree attorno alla Penisola Antartica, tra cui alcune “zone cuscinetto” attorno alle colonie riproduttive dei pinguini, per tutelare la fauna di questa parte di Pianeta. Il krill è un piccolo gamberetto, un elemento chiave delle reti alimentari nell’Oceano Antartico, essendo il cibo di pinguini, foche, balene e altri organismi marini.
Le compagnie di pesca si sono inoltre impegnate a sostenere il processo politico e scientifico volto alla creazione di una grande rete di aree marine protette in Antartide, anche in aree fino ad oggi interessate dalle loro attività. Le compagnie, che rappresentano l’85 percento dell’industria della pesca al krill in Antartide, sono i membri della Association of Responsible Krill (ARK): Aker BioMarine, CNFC, Insung, Pescachile e Rimfrost.
«Oltre un milione e 700 mila persone hanno sostenuto a livello globale la nostra campagna per proteggere l’Oceano Antartico, 80 mila anche in Italia. A loro va il nostro ringraziamento», dichiara Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia. «Questo successo è un passo importante nella giusta direzione, speriamo che presto anche altre aziende rinuncino a pescare il krill in aree così delicate».
