3° puntata – DI NOTTE– cadenza settimanale – autore Stefano Duranti Poccetti
Uscito di lì mi ritrovai da solo e senza una guida. Adesso ero nuovamente nel lungo corridoio e cominciai a seguire la folla per capire dove andasse. Dopo qualche giro labirintico ero sul ponte della nave. Era notte fonda e le uniche luci a disposizione erano quelle delle stelle e della luna. fortunatamente il cielo era sereno e quindi trovavo quel bagliore sufficiente. Mi trovavo proprio ai piedi di un fumaiolo e alzando lo sguardo vedevo il vapore fuoriuscire e spargersi nella volta blu. Mi ero fermato, le persone si erano ormai dileguate e io non sapevo proprio dove andare. Cominciai a vagare alla rinfusa in quel contesto tetro. Mi sporsi dalla balaustra. Adesso sapevo con certezza che eravamo partiti e vedevo le acque smosse dai motori del bastimento. Mi rimisi in marcia, con la speranza di trovare qualcuno che potesse aiutarmi e mostrarmi dove si trovasse la mia cabina. A un certo punto scorsi una zona con un po’ di persone. Mi avvicinai. C’erano seducenti ragazze vestite in modo provocante che con lo sguardo invitavano a una notte di piacere. Sarebbe stato forse un modo per trovare un letto sul quale dormire, ma a quale prezzo? Andai oltre e dall’oscurità fuoriuscirono degli uomini sorridenti che vendevano sigarette e sigari di contrabbando. Ne approfittai e presi dei sigari. Più avanti, altri vendevano delle pagnotte di mais e cominciando a sentirmi affamato ne approfittai. Fatto sta che quella nave assomigliava tanto ad alcune aeree della mia Marsiglia, che di notte si trasforma nel nome dell’illegalità.

Provai a chiedere informazioni a quelle persone. Non seppero dirmi niente. Non sapevano nemmeno se quella nave fosse diretta a Shanghai. Tantomeno furono in grado d’indicarmi a chi potermi rivolgere. Più andavo avanti, più non riuscivo veramente a capire come tutto quello a cui stavo assistendo potesse fare parte della realtà. Avevo desiderato un’avventura, ma adesso tutto si stava tingendo di grottesco. Forse era solo un sogno e ancora dovevo capire se fosse positivo o negativo. Provavo a schiaffeggiarmi, ma non mi svegliavo. No, non era un sogno, tutto quello che stavo vivendo era incredibilmente concreto.
Continuavo a camminare senza una meta e senza un senso, nella speranza di trovare qualcuno che potesse venirmi in soccorso. Cominciavo a temere anche per i miei bagagli, chissà dov’erano finiti?
Finalmente, a forza di muovere passi casuali, m’imbattei in una piccola postazione che sembrava fungere da centro informazioni. Trovai lì un uomo di mezza età che stava leggendo un giornale illuminato da una luce a olio. Era vestito da ufficiale, quindi capii che lavorava nel transatlantico. Lo salutai gentilmente e cominciai a fargli molte domande. Per fortuna, al contrario di altri che avevo incontrato, non era taciturno e si dimostrò cortese. Gli mostrai il biglietto, ma mi disse che non corrispondeva a quello della loro imbarcazione e che quella cabina non esisteva. Mi spaventai moltissimo, pensai immediatamente di avere sbagliato, anche se questo mi suonava molto strano, perché alla partenza più volte mi ero sincerato che quella nave fosse veramente quella giusta. Cominciai ad agitarmi e quel tipo, di cui nell’ombra non riuscivo a distinguere il volto, cercò di tranquillizzarmi. Dietro lui c’era una sorta di tenda, così si girò e si sporse dall’apertura per chiamare qualcuno. A questo punto arrivò una donna, che, come accaduto con l’altro, non riuscivo bene a distinguere. Potevo notare che aveva lunghi capelli e che non mi sembrava abbigliata in divisa da servizio. Potevo scorgere un tubino e dei tacchi. “Questa è una mia collega mi disse, forse lei ne saprà più di me.”, affermò il tipo. Spiegai anche a lei tutto quanto e guardando il biglietto rimase perplessa. Quella situazione pareva strana anche a lei. Poi ebbe un’illuminazione. “Prima hanno portato delle valige nella cabina numero cinquantacinque. Non saranno per caso quelle di questo giovane signore? Sì, mi sembra che abbiano fatto proprio il nome di un certo Xavier”, disse. L’uomo ribatté che in effetti era possibile e che questo dettaglio gli era sfuggito. Mi dissero che loro non potevano allontanarsi da lì. Mi diedero in mano una chiave enorme in ferro battuto e mi spiegarono la strada. Se avessi avuto problemi e se quelli non fossero stati i miei bagagli, sarei potuto tornare indietro da loro e avrebbero trovato una nuova soluzione.

Fortunatamente non fu complicato trovare la cabina. Entrai in preda all’ansia per verificare che lì ci fossero realmente le mie valige. Per mia sorpresa e per il mio sollievo i bagagli c’erano. Era la stanza che non era proprio canonica. Si trattava di una semplice branda con accanto un comodino tutto tarlato. Vicino al letto, poi, c’era un piccolo lavabo. Insomma, per dare un’idea di come fosse il posto dove avrei dormito, basta ricordare le vecchie cabine di terza classe, coi piccoli letti durissimi e privi di bagno personale. In ogni modo, ero veramente stanchissimo quella sera e frastornato da tutto quello che stava accadendo.
Mi stavo svestendo per mettermi sulla branda, quando da sotto il letto vedo uscire un simpatico gatto rosso. Pensai che sicuramente era lì per tenere lontani i topi. Perlomeno in quella nave avevo un amico. Mi sdraiai e, tra tutti quei dettagli non proprio lieti, ne trovai uno di buon auspicio e che mi ripagava di quella nottata sofferta. Proprio accanto al mio materasso c’era un oblò abbastanza grande perché potessi scorgere insieme tutta l’immensità del mare e del cielo. La volta era bellissima quella sera. La luna era piena e mi sembrò di scorgere le stelle luccicanti d’Orione.
In breve, quella giornata era iniziata nella realtà, poi ero finito in una dimensione in bilico tra il sogno e l’incubo, e ora finiva con un’immagine poetica. Il giorno dopo sarebbe tornato tutto alla normalità? Questo non potevo saperlo, ma cominciavo ad accettare e anche a gradire quell’avventura straordinaria, che in parte avevo desiderato. Chiusi gli occhi e sentii l’amico a quattrozampe piombare sul letto. Era piccolo per uno, ma con lui l’ho condiviso volentieri. Così mi sono addormentato velocemente, al suono delle sue adorate fusa.

GIOCONDA, LA NAVE DEI SOGNI
Gioconda, la Nave dei Sogni è una storia onirica, che racconta un avventuroso viaggio per mare che inizia a Marsiglia e finisce a Shanghai, dove la realtà si confonde con la fantasia, con il protagonista Xavier che si ritrova in una nave magica, piena di sorprese, di misteri, con personalità originali ed eccentriche. È così che quella che dovrebbe essere una semplice traversata si trasforma in una crociera impensabile e visionaria, in un viaggio che diventa sinonimo di crescita caratteriale e spirituale.