Alberi e foreste possono fare la differenza. In diverse regioni del pianeta possono influire in maniera diversa sulla temperatura di quella determinata area: è una questione di suolo, di come lo usiamo, del colore che ha, dell’acqua a disposizione e di quanta neve cadrà.
I risultati di una ricerca condotta da scienziati del CMCC in un team di ricerca internazionale che si è concentrato ad analizzare come l’uso del suolo influisce sulle temperature e precipitazioni a livello regionale. Il modo in cui utilizziamo il suolo – se lo copriamo, ad esempio, di foreste, di prati, o di campi coltivati – è un aspetto molto influente per la scelta delle soluzioni che si vogliono mettere in pratica per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici. Un team internazionale di scienziati – tra cui Lucia Perugini, Luca Caporaso e Sergio Marconi della Fondazione CMCC Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – ha concentrato la propria attenzione su come il cambiamento di uso del suolo possa influenzare le temperature in diverse regioni del pianeta e capire così come questo tema possa essere legato alle scelte dei decisori pubblici e a possibili strategie di adattamento a livello locale. Il risultato è un articolo pubblicato recentemente sulla rivista Environmental Research Letters, in cui gli autori fanno il punto sulla conoscenza scientifica disponibile sull’argomento e spiegano come la deforestazione contribuisca ad un aumento della temperatura nelle aree tropicali, e a una diminuzione in quelle boreali come ad esempio la Siberia e l’estremo nord dell’Europa, mentre più complesso è il discorso per le zone temperate. A fare la differenza, la presenza o meno di neve sul suolo e la disponibilità di acqua nell’ecosistema. D’altro canto lo studio evidenza che la deforestazione porta sempre ad una diminuzione delle precipitazioni, più marcata quando alla foresta si sostituisce il suolo nudo. Ai Tropici, aumentare le porzioni di suolo occupate da foreste contribuisce a contenere il riscaldamento della regione. “In queste aree – spiega Lucia Perugini (CMCC) che ha coordinato lo studio – è particolarmente rilevante l’influenza del calore che viene assorbito nella trasformazione dell’acqua dallo stato liquido a quello di vapore acqueo”. Al contrario, la deforestazione contribuisce a un incremento della temperatura che si va ad aggiungere a quello prodotto dalla CO2 e dagli altri gas serra. In questa regione, quindi, la riforestazione è un’attività che produce un doppio beneficio in termini di assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera e di diminuzione della temperatura. “Nelle regioni boreali – continua Perugini – l’effetto albedo generato da praterie innevate concorre ad abbassare la temperatura di quella specifica zona”. Le foreste sono più scure delle aree senza alberi che invece, coperte di neve, hanno una superficie chiara che riflette l’energia solare in maniera efficace. Il rimboschimento porterebbe, al contrario di quanto accade nelle regioni tropicali, un clima più caldo in presenza di ampie porzioni di foreste. Bisogna considerare però che questo effetto sarà più attenuato in uno scenario di riscaldamento globale, dove la presenza di neve al suolo sarà verosimilmente ridotta. Lo studio, dal titolo “Biophysical effects on temperature and precipitation due to land cover change“, è un contributo alla conoscenza disponibile su un tema particolarmente complesso che riveste un’importanza rilevante nell’Accordo di Parigi, in cui un intero articolo (l’art. 5) è dedicato principalmente alle foreste e al loro contributo per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici. “Uno degli aspetti più rilevanti della ricerca – conclude Perugini – sta nel fatto che mette in evidenza come il tema della deforestazione abbia un’influenza marcata a livello locale, mostrando effetti e risultati che possono essere diversi dalla scala globale. Questo tipo di valutazioni possono essere utili a decisori politici e amministratori locali che lavorano a strategie di adattamento ai cambiamenti climatici a livello regionale”.