“L’entrata in vigore dell’accordo FAO sulle competenze dello stato di approdo è un grande passo avanti nella lotta alla pesca illegale (INN) ma per porre fine a questa pratica che, oltre a compromettere lo stato delle risorse biologiche, arreca ingenti danni economici ai pescatori “responsabili”, occorre combattere anche la piaga del lavoro illegale e dello sfruttamento delle persone coinvolte, spesso in condizioni di lavoro forzato, nelle attività di pesca illegale. In questo senso, il dibattito che si è svolto a Roma nell’ambito della riunione del comitato pesca della Fao (Cofi), è stato molto importante”. È quanto dichiara il segretario nazionale della Uilapesca Fabrizio De Pascale che partecipa ai lavori in rappresentanza dello IUF (Sindacato internazionale agroalimentare). Presente ai lavori anche l’ITF (Sindacato internazionale dei trasporti e della pesca).
Nell’ambito del dibattito, lo stretto legame esistente tra la pesca illegale e il mancato rispetto dei diritti umani e del lavoro è stato sollevato, anche nel corso di un evento parallelo, organizzato dalla DG Mare dell’Ue, sia dai sindacati che dal rappresentante dell’organizzazione internazionale del lavoro, il quale ha sottolineato, in particolare, il fatto che, ai sensi del diritto internazionale, le persone sottoposte a condizioni di lavoro forzato non possano essere punite per i reati da loro commessi, come nel caso dell’esercizio della pesca illegale.
“Dal sindacato è poi venuta la richiesta ai paesi membri della FAO di ratificare la Convenzione ILO C 188 sul lavoro decente nella pesca” prosegue De Pascale “ la cui entrata in vigore rappresenterà un fondamentale passo in avanti, sia per la tutela dei diritti dei lavoratori che nella lotta alla pesca illegale. L’Italia, grazie all’iniziativa parlamentare dell’on. Laura Venittelli ha avviato, nel mese di gennaio, il processo di ratifica che sembra però essersi arenato in qualche ministero. Ci auguriamo che la riunione del Cofi possa servire da stimolo in questo senso”.