A 11.000 metri sotto la superficie dell’oceano si trova uno degli ambienti più estremi e inesplorati del nostro pianeta. Questa profondità abissale corrisponde approssimativamente al punto più profondo conosciuto sulla Terra, situato nella Fossa delle Marianne nell’Oceano Pacifico. Esploriamo cosa si può trovare in queste profondità remote e quali sfide affrontano gli scienziati per studiarle.
La Fossa delle Marianne
La Fossa delle Marianne è l’abisso oceanico più profondo del mondo, situato nell’Oceano Pacifico settentrionale vicino alle Isole Marianne. Ha una forma a mezzaluna che si estende per circa 2.500 km
Il punto più profondo della fossa, chiamato Challenger Deep, raggiunge una profondità di oltre 10.900 metri sotto il livello del mare
Per mettere in prospettiva questa profondità, se il Monte Everest fosse posizionato sul fondo della Fossa delle Marianne, la sua cima sarebbe ancora coperta da oltre 2 km di acqua
Condizioni ambientali estreme
A 11.000 metri di profondità, le condizioni sono incredibilmente ostili:
- Pressione: La pressione idrostatica a questa profondità supera le 1.000 atmosfere.
- Temperatura: Le temperature sono generalmente molto basse, vicine allo zero Celsius.
- Oscurità: L’assenza totale di luce solare rende l’ambiente completamente buio.
- Scarsità di nutrienti: La disponibilità di cibo è estremamente limitata.
Queste condizioni estreme hanno portato allo sviluppo di forme di vita uniche e altamente specializzate.
Vita nelle profondità abissali
Nonostante le condizioni proibitive, la vita prospera anche a queste profondità. Le ricerche preliminari indicano che il fondo delle fosse rappresenta un punto caldo per l’attività biologica, con un intensificato ricambio di carbonio organico e azoto.
Microorganismi
I batteri adattati alle condizioni estreme giocano un ruolo cruciale nell’ecosistema abissale. Questi organismi sono in grado di sopravvivere all’enorme pressione e alla scarsità di nutrienti, mediando i cicli biogeochimici nelle profondità oceaniche.
Macrofauna
Sebbene più rari, anche organismi di dimensioni maggiori sono stati osservati a queste profondità. Tuttavia, l’osservazione diretta di queste creature è estremamente difficile. Durante la storica immersione del batiscafo Trieste nel 1960, gli esploratori pensarono inizialmente di aver avvistato delle sogliole, ma successivamente si è ritenuto che fosse improbabile la presenza di tali pesci a quella profondità a causa dell’estrema pressione
Pressione estrema
La pressione a 11.000 metri è così intensa che richiede tecnologie specializzate per resistere. Il batiscafo Trieste, ad esempio, utilizzava una sfera d’acciaio spessa 12,7 cm con un diametro di 2,16 m per proteggere l’equipaggio
Difficoltà di campionamento
I campioni biogeochimici e microbici recuperati da queste profondità sono soggetti ad alterazioni dovute al cambio di pressione durante il recupero. Per questo motivo, le misurazioni più affidabili devono essere effettuate direttamente sul fondo della fossa.
Limiti tecnologici
Le attrezzature devono essere progettate per resistere a pressioni enormi. Ad esempio, durante l’immersione del Trieste, uno dei vetri esterni della finestra in plexiglas si incrinò a una profondità di oltre 9.000 metri, generando un forte boato e mettendo in pericolo la missione
Tecnologie e metodi di esplorazione
Veicoli sottomarini
Batiscafi come il Trieste e veicoli sottomarini senza equipaggio (ROV) sono stati progettati specificamente per resistere alle pressioni estreme delle profondità abissali.
Moduli di campionamento
Resinex ha fornito 10 blocchi di schiuma sintattica capaci di resistere fino a 1150 bar di pressione, testati a 900 bar nel Resinex Marine Research Centre e successivamente a 1100 bar dall’Università della Danimarca in Giappone1.
Strumenti di misurazione in situ
Per ottenere dati accurati, gli scienziati utilizzano strumenti che possono effettuare misurazioni direttamente sul fondo oceanico, evitando così gli artefatti di recupero1.
Importanza scientifica
Lo studio delle profondità abissali è fondamentale per diverse ragioni:
Comprensione degli ecosistemi estremi
L’esplorazione di questi ambienti ci aiuta a comprendere come la vita si adatta a condizioni estreme, fornendo indizi sulle possibilità di vita in altri ambienti estremi, anche extraterrestri.
Cicli biogeochimici
Le fosse oceaniche profonde giocano un ruolo importante nei cicli globali del carbonio e dell’azoto, influenzando potenzialmente il clima terrestre.
Scoperte biotecnologiche
Gli organismi adattati a queste condizioni estreme potrebbero produrre composti unici con potenziali applicazioni in medicina e biotecnologia.
L‘esplorazione delle profondità abissali a 11.000 metri rimane una delle frontiere più affascinanti e impegnative della scienza moderna. Nonostante i progressi tecnologici, gran parte di questo ambiente rimane inesplorato e misterioso. Le future spedizioni e ricerche promettono di rivelare nuovi segreti su questo mondo alieno che esiste nelle profondità del nostro pianeta, offrendo preziose intuizioni sulla resilienza della vita e sui processi che modellano il nostro mondo.La continua esplorazione di queste regioni remote non solo amplia la nostra comprensione degli ecosistemi marini profondi, ma ci sfida anche a sviluppare tecnologie innovative che potrebbero avere applicazioni ben oltre l’oceanografia. Mentre continuiamo a spingerci verso i limiti dell’esplorazione sottomarina, possiamo aspettarci scoperte rivoluzionarie che cambieranno la nostra comprensione della vita sulla Terra e forse anche oltre.