La caravella portoghese non è una medusa ma è un sifonoforo* (colonia di zoidi altamente specializzati) formato da diverse colonie cellulari, organizzate per garantire le diverse funzioni (digestione, galleggiamento, difesa) che coesistono insieme nel “super-organismo”. La caravella portoghese è composta da 4 tipi di polipi, uno di loro il gonozoide garantisce la riproduzione di nuove colonie. Conosciuta anche con il nome scientifico di Physalia physalis o vascello portoghese, questa medusa è riconosciuta come una delle meduse piu’ pericolose del Mediterraneo.
La caravella portoghese è caratterizzata da un galleggiante grande circa 20-30 cm, traslucido, che permette all’animale di rimanere a galla e di essere trasportata dalle correnti e dal vento. Questo animale vive principalmente tra le acque dei mari tropicali e subtropicali e degli oceani Atlantico ed Indiano.

La caravella portoghese in Italia
E’ comunque stata avvistata diverse volte in Italia ed in particolare in Mediterraneo. La caravella portoghese è considerata pericolosa per l’uomo. Il suo veleno, rilasciato da cellule chiamate nematocisti può provocare nell’uomo svenimenti, difficoltà respiratorie, vomito, tachicardia ed ipertensione. Sembra che grazie alle informazioni divulgate da enti e delle associazioni i casi di avvelenamento da caravella portoghese si siano ridotti in maniera esponenziale da 885 casi nel 2011 a 31 casi nel 2013.
Un piccolo pesce, Nomeus gronovii (noto come “derivante delle caravelle” o “pesce pastore”), è parzialmente immune al veleno delle nematocisti e può vivere tra i tentacoli. Sembra che eviti i tentacoli più grandi e si cibi di quelli più piccoli vicini allo pneumatoforo. In mezzo ai tentacoli, oltre a questa specie, ne vengono spesso rilevate altre, come il pesce pagliaccio o il carangide Carangoides bartholomaei. In particolare il primo, similmente a quanto accade con le anemoni di mare, si aggira impunemente tra i tentacoli, probabilmente grazie al suo muco protettivo, capace di bloccare le nematocisti.

Tutti questi pesci, rifugiandosi tra i tentacoli velenosi, si riparano dai propri predatori, mentre per la caravella la loro presenza attira altri organismi di cui cibarsi.
I polpi del genere Tremoctopus sono immuni al veleno della Physalia physalis e sono noti per strapparne i tentacoli e usarli a scopo difensivo.
Predatori della caravella portoghese
La tartaruga comune Caretta caretta si ciba della caravella portoghese abitualmente. La pelle della tartaruga è infatti troppo spessa perché le punture riescano a penetrarla. Anche i molluschi Glaucus atlanticus e Janthina janthina si cibano della caravella.
In caso di aggressione dalla superficie, la “vela”, che è anche dotata di una sorta di sifone, può sgonfiarsi a piacimento e quindi immergersi per brevi periodi per sfuggire al predatore.
La “puntura” della caravella portoghese
Questa specie è responsabile ogni anno di oltre 10.000 punture sull’uomo in Australia, particolarmente sulla costa orientale, meno frequentemente nella costa meridionale e occidentale.

Gli oltre dieci tipi di veleno di cui sono colme le nematocisti nei tentacoli della caravella portoghese sono in grado di paralizzare e uccidere rapidamente piccoli pesci e una varietà di altre prede di piccole dimensioni. Ciascun tipo di veleno è caratterizzato da un suo colore e per alcuni non sono ancora conosciuti rimedi. I tentacoli staccati ed in genere gli esemplari morti rimangono ugualmente pericolosi per ore se non giorni dall’avvenuto distacco o morte.
Le punture causano solitamente forte dolore nell’uomo, lasciando ferite simili a frustate, vere e proprie piaghe arrossate che durano normalmente due o tre giorni, mentre il dolore solitamente scompare dopo un’ora. Più raramente gli effetti avversi possono aggravarsi: shock anafilattico, febbre e interferenze con le funzioni cardiache e polmonari sono possibili, fino alla morte, seppure ciò accada raramente. Dopo una puntura potrebbero rendersi necessarie cure mediche, specialmente se il dolore rimane intenso, se c’è una reazione estrema, se l’esantema peggiora, se si scatena un malessere diffuso o una striscia arrossata si sviluppa tra i linfonodi e la puntura, o se entrambe le aree diventano rosse e morbide.