Greenpeace diffonde oggi le immagini raccolte dai ricercatori del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione (BCA) dell’Università degli Studi di Padova durante le necroscopie degli ultimi due capodogli spiaggiati in Sicilia. In uno dei due esemplari esaminati ieri, quello spiaggiato nei pressi di Palermo, sono stati ritrovati un pezzo di appendiabiti e un pezzo di plastica dura. Nell’altro esemplare esaminato ieri, quello trovato nei pressi di Milazzo, non è stato invece trovato nulla. Molta plastica era stata invece trovata in un capodoglio spiaggiato durante lo scorso fine settimana nei pressi di Cefalù.
È infatti arrivato a quota quattro il numero di capodogli morti nelle acque al largo della Sicilia in meno di una settimana. Tre di questi sono stati trovati spiaggiati negli ultimi giorni sulla costa nord dell’isola, il quarto – avvistato due giorni fa al largo di Favignana – parrebbe essere invece ancora in acqua.
Secondo quanto analizzato dai ricercatori intervenuti per le necroscopie – il CERT, un team di esperti del Dipartimento di Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione (BCA) dell’Università degli Studi di Padova, il Centro di Referenza Nazionale per la Diagnostica sui Mammiferi Marini (CreDIMa), l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Palermo e l’Università degli Studi di Messina – i tre esemplari spiaggiati erano giovani e senza evidenti segni sul corpo di interazione con reti o imbarcazioni.
«È ancora da stabilire quali siano le cause della morte degli animali e solo indagini necroscopiche dettagliate seguendo protocolli internazionali potranno dirimere i dubbi. Al momento stiamo analizzando campioni prelevati dalle carcasse per verificare la possibile presenza di infezioni o particolari inquinanti», dichiara Sandro Mazzariol, Professore di Anatomia Patologica Veterinaria del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione (BCA) dell’Università degli Studi di Padova e coordinatore del Cetaceans’ strandings Emergency Response Team. «È comunque preoccupante aver trovato, a una prima analisi macroscopica, della plastica nello stomaco di due dei tre animali spiaggiati. A conferma che tale inquinamento è abbondante sul fondo del mare e colpisce per lo più animali giovani».
Altri 4 capodogli erano deceduti il 15 maggio lungo le coste algerine a causa di reti da pesca. In una settimana sono deceduti 8 capodogli del Mar Mediterraneo.
Secondo il rapporto preliminare sugli spiaggiamenti di cetacei in Italia realizzato dagli stessi ricercatori dell’Università degli studi di Padova, pubblicato solo pochi giorni fa, l’inquinamento da plastica sembra colpire per lo più cetacei di giovane età e che si immergono in profondità, come i capodogli. Nel 33 per cento dei capodogli spiaggiati negli ultimi 10 anni in Italia è stato rinvenuta plastica nello stomaco.
«Gli spiaggiamenti di questi giorni sono una gravissima perdita per nostri mari, se si pensa che i capodogli sono una specie in pericolo di estinzione», dichiara Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia. «Non conosciamo ancora le cause ma la loro morte è un chiaro segnale di allarme, il degrado dei nostri mari sta arrivando a un punto di non ritorno e dobbiamo intervenire subito per tutelare le specie più sensibili»
Nel Mediterraneo si stima siano rimasti meno di 2500 individui maturi di capodoglio, una sottopopolazione separata da quella oceanica. Se si considera che i capodogli hanno lunghi periodi di gestazione – tra i 14 e i 15 mesi – e raggiungono la maturità sessuale tra i 7 e i 13 anni nel caso delle femmine, e tra i 18 e i 21 anni nel caso dei maschi, la perdita di esemplari così giovani, che ancora non hanno avuto la possibilità di riprodursi, è davvero una perdita enorme per la conservazione di questa specie.
Proprio in questi giorni, Greenpeace insieme a The Blue Dream Project è impegnata in una spedizione di ricerca, monitoraggio e documentazione sullo stato dei nostri mari, durante la quale si analizzerà in particolare la quantità di microplastiche presenti nel Mar Tirreno centrale.